Giovani, politici

Credo che il miglior modo per rispondere all’articolo di Dino Amenduni, uscito ieri sul FattoQuotidiano.it, sia descrivere quelle emozioni che, per quanto possano essere rilevanti per gli altri, per me consistono nella mia unica ragione di impegno e di lavoro per contribuire al Cambiamento, con la C maiuscola.

Io, da aprile 2010, sono un Giovane Democratico, per mia scelta e per mie ragioni squisitamente politiche. Sin dal primo giorno mi sono impegnato nel costruire assieme agli altri amici e compagni di partito, chiamarli tesserati non suona bene, per il senso forte che un ragazzo ha all’interno di un’organizzazione).

Ho sempre ritenuto, e ritengo tutt’ora, che un partito politico debba costantemente e paritariamente, con tutti,  contribuire alla crescita e alla realizzazione di una persona, non per questo si dice che l’apice della persona sia il partito e non viceversa, cosa che siamo abituati, purtroppo, a vedere da un po’ di anni a questa parte. I primi a cui dare questa opportunità sono senza dubbio i giovani, nuovi protagonisti della politica a tutti i livelli, vi invito a vedere i programmi elettorali redatti dalle giovanili di partito per le Amministrative 2011: sono specchio di semplicità, coerenza e soprattutto impegno ed amore verso la propria città e i propri concittadini.

Se dovessi tracciare un racconto, un filo logico, su tutto ciò che potrebbe significare per un partito politico, avere nelle proprie viscere una giovanile, credo che non basterebbe un romanzo, per descrivere i sentimenti, il lavoro, i sacrifici e soprattutto la passione che migliaia di ragazze e ragazzi riversano all’interno di organizzazioni politiche giovanili, stesse passioni che non avrebbero spazio in partiti “standard”, per una semplice ma persistente sottovalutazione delle nostre capacità.

Come lo stesso Segretario dei GD “Terra di Bari”, Pierpaolo Treglia, che nella sua risposta al medesimo articolo, ha sottolineato l’importante presa di posizione che i giovani hanno preso all’interno del partito e della grandissima importanza che ognuno di loro ha e del fatto che essere iscritti ad una giovanile, non implica l’essere banditi dall’organizzazione “ufficiale” o, se vogliamo, “madre”.

Io credo nelle giovanili, ci credo fortemente perchè penso siano l‘unico spazio che noi giovani e giovanissimi abbiamo per esprimere, per impregnare le nostre mani in un mondo così complesso come quello della politica e, soprattutto, riusciamo a vivere da protagonisti vicende, prese di posizione, in grado di crescere con la consapevolezza di come si gestisce un partito, di quelle che sono le difficoltà (non poche) nel portare avanti un’organizzazione politica: penso all’oneroso compito di coordinare i lavori, di mantenere i rapporti con altre organizzazioni, sviluppando anche una politica di relazioni, basata su esperienze e sulla costruzione di una visione delle cose più cristallina e mirata al giusto, che senza dubbio sarà utile e spendibile per un ruolo decisivo nello sviluppo dell’organizzazione madre.

Sono sempre stato fortemente contrario alle organizzazioni politiche gestite in malo modo e, senza alcun timore, ho denunciato più volte le questioni irrisolte che all’interno del mio stesso partito (PD) vagheggiano e vengono alimentate dal dirigente di turno, messo lì per caso, per occasione o per una sorta di clientelismo. Ovviamente la questione l’estendo agli altri partiti che, purtroppo, ci sguazzano dentro con un sottile strato di ipocrisia.

Più che abolire le giovanili, direi di fondare le “anzianili”, o se vogliamo chiamarle in altro modo, direi che è arrivata l’ora di scagliare sassi e bastoni contro una parte dei partiti politici che ha già dato, che non ha più risorse e passione e che sfrutta le azioni di partito per sanare propri interessi, di accompagnarle verso un settore del partito che si occupi, magari, di consigli, direttive e/o semplicemente sviluppare la storia interna del partito, lasciando libero campo a chi ha l’età per dichiararsi giovane e proiettato al futuro. Direi che la miglior visione delle cose, sarebbe quella di dividere il percorso politico di un individuo (di giovane età) in 3 fasi: • prima fase, giovanili di partito per comprendere, vivere e crescere politicamente; • seconda fase, con un bagaglio non poco prezioso sulle spalle, si affronta la politica vera, attiva e magari entrando nelle istituzioni, mettendo in pratica tutto quello che si ha acquisito durante il periodo di formazione; • terza fase, concluso il proprio mandato, l’individuo lascia la “politica delle istituzioni”, impegnandosi in una fondazione o semplicemente lavorando all’interno del partito, come colonna portante di stabilità e di esperienze preziosissime in caso di crisi interna o di consigli su questioni rilevanti e delicate. Ecco come dovrebbe svilupparsi un percorso politico. Ovviamente ci sono casi in cui la prima fase, quella delle giovanili, viene omessa, ma non per questo significa che le giovanili non servono, perchè a loro volta, chi si affaccia in politica ad un’età fuori dai limiti, per inserirsi all’interno di una giovanile, viene da una storia di associazionismo, di un forte interesse politico.

La giovanile fa gruppo, la giovanile crea sentimenti, li sviluppa, educa al rispetto del prossimo e del pubblico ma soprattutto accende la passione all’interno dei “giovani politici”, futuri, si spera, amministratori e governanti di questo paese. Se non fossero questi i principi su cui basare l’esistenza di un’organizzazione, mi chiedo a cosa serva la politica e mi chiedo con quale motivazione i giovani si affaccino all’amministrazione della Res Publica, io voglio credere in una salita in politica, anzichè in una scesa, voglio credere in una strada aperta e illuminata dalla democrazia e dalla meritocrazia.

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