[LaStampa] Erasmus, il buco non c’è più

Arriva la variazione di bilancio. Ma la frittata è fatta. Rischia di pagare l’Europa, non i governi nazionali che sono veri responsabili..

La Commissione Ue corre ripari per chiudere il buco di Erasmus. Come prevedibile e previsto, il responsabile per il Bilancio Janusz Lewandoski ha confermato a Straneuropa che il 23 ottobre presenterà una bozza di variazione sul budget comunitario in modo da consentire al programma più amato dai giovani di proseguire come se niente fosse. La variazione dovrà essere approvata dal Consiglio, cioè dai governi, e si immagina che questo avverrà. Il conto maledetto sarà chiuso. I corsi di formazione andranno avanti senza problemi.

Pericolo scampato, dunque, almeno per quest’anno. Ma la frittata è in qualche modo fatta lo stesso. E questo perché l’effetto dei titoli “L’Europa non paga Erasmus” resterà primario e dirompente. Come vuole la tradizione l’impatto della correzione avrà minor peso. L’Europa (e non i governi) resterà colpevole del misfatto non avvenuto. La polemica è stata montata, comprensibilmente, da alcuni parlamentari che hanno cercato di usarla per far leva contro gli stati che non vogliono aumentare il bilancio Ue. L’effetto è stato ottenuto solo in minima parte. Ed è assai inferiore al discredito generato nei confronti dell’Europa intesa come club di stati.

Piccolo riassunto, per capire meglio.

Qualche settimana fa, come suo dovere, la Commissione Ue ha informato Europarlamento e Consiglio che una dozzina di programmi comunitari aveva utilizzato il 95-100 per cento della dotazione annuale. Erano programmi per la Ricerca (spazio e tecnologie avanzate), per crescita e occupazione (Fondo sociale e fondo regionale), per l’istruzione (Erasmus), per la salute, gli aiuti umanitari e alimentari.

Nel caso di Erasmus – che è grave ma forse non come l’assenza di denaro per dare da mangiare alle vittime di siccità e catastrofi -, Lewandoski precisa che il 70 per cento degli studenti ha ottenuto l’assegno europeo. E che la maggior parte del rimanente 30 per cento non sarebbe stato comunque penalizzato perché le agenzie nazionali, che amministrano le risorse, hanno ancora soldi in cassa. Solo una piccola fetta di ragazzi rischia veramente di rimanere con le tasche vuote. Per questi, sarà corretto il bilancio. “Non posso crede che i governi nazionali rifiutino di investire nei nostri giovani”, confessa il polacco.

Il buco non doveva comunque cogliere di sorpresa. Nel 2011 è successa la stessa cosa. Quando le autorità competenti – il Parlamento europeo e il Consiglio (cioè i governi) – rifiutarono di riconoscere che i fondi annuali era insufficienti. In quella circostanza, la Commissione ha trasferito la competenza di 5 miliardi del 2011 all’anno in corso. Il bilancio, sottolinea Lewandoski, “era amputato sin dall’inizio”.

Sempre a fine 2011, il bilancio 2012 è stato adottato da parlamentari europei e ministri nazionali ad un livello inferiore a quello ritenuto necessario dalla Commissione. Il buco si è ulteriormente allargato. Gli effetti li abbiamo visti. E potrebbero ripordursi per l’sercizio 2013 se non si metterà un poco di lungimiranza nel porgrammare spese e entrate. Le quali, essendo in percentuale di gettitto e pil, sono ulteriormente ridotte dalla congiuntura.

La morale è che non si può fare l’Europa davvero senza metterci i soldi. E’ una ipocrisia priva di senso. E’ come voler restare con un piede sul treno e l’altro sotto la pensilina. L’anno prossimo succederà di nuovo, probabilmente. Arriveremo alla fine col buco nella pancia, se non ci sarà un po’ di illuminazione nelle teste dei governi. “Tanto sono solo soldi per migliorare la qualità dei nostri giovani, possiamo farlo in casa” , penserà qualche idiota nelle capitali. Come se non ce ne fosse bisogno per far crescere meglio questo continente della crisi. Sono gli investimenti che valgono doppio. E che, una volta bloccati, ammazzano due volte la crescita.

Qualora andasse male – ma non ci credo, alla fine – potremmo lanciare un concorso per tradurre “Nozze coi fichi secchi” nelle 23 lingue ufficiali dell’Ue. Almeno qualche posto, per qualche settimana, lo salviamo.

[Fonte: LaStampa.it]
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Una risposta

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