Fake-News: il PD non può svolgere il ruolo di un’autority

Per Berlusconi erano i magistrati comunisti, per Renzi le fake-news. Ogni leader trova il suo acerrimo nemico e, come un comandante sulla poppa della propria nave, dichiara guerra schierando il proprio esercito.

Ieri, il Segretario del PD, durante il discorso conclusivo della 8ª edizione della Leopolda, ha dichiarato che il Partito Democratico produrrà dei report, ogni 15 giorni, sulle fake-news trovate sul web. Inoltre, lo stesso PD si è fatto promotore di un disegno di legge contro le false notizie sul web, prevedendo multe fine a 5 milioni di euro. Fin qui, tutto avrebbe un senso, peccato che il disegno di legge sia fuorviante e che il Partito Democratico sia, per l’appunto, un partito e non un’autority con la funzione di controllo sul flusso di notizie sul web e sui social network.

Avete presente quando spopolò il termine selfie? In inglese significa autoscatto ma, in Italia, il selfie era anche la foto fatta ad un panorama o quella che un passante, alla domanda “scusi, può farci una foto?”, ci scattava davanti ad un monumento. Un uso più che distorto, dettato dalla scarsa conoscenza del suo originario utilizzo nella lingua madre. Stessa cosa, ora, succede per il termine fake-news e l’errore spopola non soltanto tra i più, ma anche tra i legislatori.

Un errore che ha prodotto un disegno di legge che più che risolvere il problema tende ad accuirne la gravità, una sorta di “legge-proclama”, una dichiarazione di guerra che lascia il tempo che trova e che, nei fatti, non porterebbe nessun tipo di vantaggio e soluzione. Primo, perché con il termine fake-news, nella legge, si intende qualsiasi cosa che distorca la realtà e le corrette informazioni riguardo cose e persone, facendoci rientrare violazioni della privacy, diffamazioni, contenuti illeciti di vario tipo. Tutti elementi per cui è già prevista una disciplina e che di tutto hanno bisogno, fuorché di una nuova legge tanto da creare contrasti normativi e bloccare ciò che già funziona.

Inoltre, c’è da domandarsi quale sia il ruolo dei privati, in tutto questo. Pensare che Facebook, Google, Twitter e tutti gli altri social network in cui è in atto un proliferare di fake-news, possano essere giudici e non giudicati è un errore grossolano che non possiamo permetterci. I privati non possono, in alcun modo, sostituirsi ad un giudice imparziale o, comunque, ad un soggetto terzo che riesca a controllare equamente il flusso di “notizie” generate dai social.
In riferimento a questo, si rammenta che la responsabilità dei social network varia a seconda del ruolo che questi hanno nel controllo dei contenuti. Se la funzione del privato è di offrire uno spazio imparziale, in cui ognuno possa dire la propria e pubblicare la qualunque, senza alcun tipo di controllo, allora la responsabilità del social network è limitatissima. Diversamente, qualora il social network svolga una funzione di controllo sui contenuti, diretto o indiretto, allora il gioco cambia e cambia anche la posizione del privato verso la pubblicazione dei contenuti, in qualsiasi loro forma, partendo dal diritto d’autore fino alla violazione della privacy, passando per la diffamazione.

Su questo, vi invito a leggere il Prof. Avv. Guido Scorza che, dalle pagine de L’Espresso, prova a dare una chiara lettura di quello che si sta provando a realizzare e di tutti gli aspetti negativi che questo disegno di legge porterebbe con sé, il quale prova a fare una proposta su cui sono pienamente d’accordo: lasciamo il campo della lotta alle fake-news a terzi, imparziali. Servono dei soggetti che svolgano questo ruolo con tecnica e, soprattutto, con una legittimazione forte da parte della legge e delle Istituzioni, soprattutto grazie al loro ruolo imparziale che non travolgerebbe solo il flusso di notizie contro un leader e il suo partito, ma contro tutto il sistema politico, economico e sociale.

Riguardo l’aspetto politico, soprattutto in riferimento alle parole del Segretario Renzi, durante la chiusura della Leopolda, l’unica cosa che mi sento di dire è che non possiamo permetterci di trasformarci in tanti Don Chisciotte contro un fenomeno culturale, più che tecnico, bisognoso di risposte corrette e funzionali, piuttosto che una crociata senza capo né coda. Il PD non può creare un ufficio smascheramento per creare report, perché il ruolo del partito è un altro e le sue risorse devono essere diretta ad altro. Non vorremmo mica trasformarci in tanti Donald Trump in salsa italiana? No?

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Una risposta

  1. […] parlavo già qui, in questo articolo di qualche giorno […]

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