Oggi, ho terminato (tra esami universitari e tanti impedimenti) la lettura del libro edito da Einaudi “La guerra di posizione in Italia” di Palmiro Togliatti.
Una raccolta di ben 132 lettere, provenienti da diversi archivi, tra cui quello del Partito Comunista Italiano. Lettere che coprono un ventennio (1944-1964) e ripercorrono momenti importanti per la Storia del nostro Paese. Il ritorno in Italia del Migliore dall’esilio, con lo sbarco in una Napoli distrutta dalla guerra e resa ancora più spettrale da un’eruzione in corso del Vesuvio. Le grandi discussioni con la Democrazia Cristiana e il suo leader, Alcide De Gasperi, con il compagno Pietro Nenni, da cui si allontanò per scelte politiche ma con il quale non aveva mai smesso di scambiarsi opinioni.
Da questa raccolta, vien fuori un Togliatti diverso da quello che molti raccontano, avvalendosi della grande ignoranza che c’è nei confronti della persona dello storico Segretario del PCI. Ho conosciuto un Togliatti instancabile, preparato e pronto ad aiutare chi era in difficoltà, senza lasciarsi andare in pesanti critiche verso, non solo i suoi avversari politici, ma soprattutto verso compagni del suo stesso partito.
La rivista “La Rinascita”, di cui era il responsabile, e il forte valore politico e sociale che egli gli attribuiva è disarmante, inimmaginabile oggi.
L’attentato subito e l’affetto delle persone che lo avevano conosciuto, il rispetto di cui poteva contare da parte di persone a lui politicamente distanti e l’ammirazione dei militanti e dirigenti del partito, lo hanno accompagnato per tutta la sua degenza e anche nei momenti più delicati della vita politica.
Insomma, come avete potuto immaginare, è un libro che mi ha emozionato tantissimo e da cui ho tratto importanti esempi di cui farò tesoro per il presente e per il futuro. Ve lo consiglio vivamente!
Infobook: La guerra di posizione in Italia di Palmiro Togliatti (400 pagg.) A cura di Gianluca Fiocco e Maria Luisa Righi
Prefazione di Giuseppe Vacca
Edito da Einaudi nel 2014
Come lettura domenicale, ho scelto questo bellissimo articolo uscito su Left Wing. È datato al 9 giugno 2014, ma il senso storico colto in queste parole è molto importante e dovrebbe farci riflettere.
È tristemente paradossale che proprio quando gli eredi del Pci si accingevano a cogliere i frutti di una così lunga semina, la loro piena legittimazione come forza di governo dovesse passare dal disconoscimento dell’uomo che più di ogni altro, con De Gasperi, aveva lottato e rischiato per costruire la democrazia italiana, per dare al paese quella Costituzione che avrebbe tutelato libertà e diritti di tutti gli italiani per mezzo secolo, aprendo la strada a uno sviluppo democratico, economico e civile senza precedenti.
19 agosto 1954, muore Alcide De Gasperi. 21 agosto 1964, muore Palmiro Togliatti. Due grandi personaggi della storia politica del nostro Paese. Nella ricorrenza del 60° anniversario dalla morte dell’uno, e del 50° dell’altro, si scatena un dibattito pietoso, scatenato dalle dichiarazioni dell’amiconeGiuseppe Fioroni, il quale, in barba ad ogni tipo di rispetto nei confronti della cultura politica della sinistra italiana, del Partito Democratico e del nostro Paese, ha proposto di dedicare la Festa dell’Unità nazionale proprio ad Alcide De Gasperi. Poiché è palese a tutti la simpatia che provo nei confronti di Fioroni, evito di mandarlo a quel paese, per l’ennesima volta, da questo blog.
Tuttavia, proprio per lo spirito nuovo che deve coinvolgere la politica italiana, e il Partito Democratico soprattutto, ho scelto questa lettera di Togliatti, indirizzata proprio a De Gasperi, sulla “nobiltà della politica”. Ho inserito un piccolo cappello introduttivo, per localizzare temporalmente la lettera, nel suo contesto storico di riferimento.
Durante la campagna elettorale per le amministrative del 7 aprile 1946, Togliatti, prendendo spunto da un discorso di De Gasperi, negava che esistesse un «problema religioso» nei rapporti fra i partiti di massa e nella società italiana, appellandosi a un’adeguata considerazione delle posizioni ufficiali del Pci, ribadite di recente nel suo V Congresso. Chiedeva quindi a De Gasperi il mantenimento di un reciproco rapporto di rispetto, che facesse da argine allo scatenamento delle passioni elettorali. De Gasperi, nella sua risposta, riconosceva i passi avanti compiuti dai vertici del Pci sulle questioni religiose, ma non li riteneva sufficienti »per ottenere che i credenti, per quanto riguarda soprattutto i problemi fondamentali dello spirito, della famiglia e della scuola, che dovranno essere risolti nella Costituzione, si affidino tranquillamente a loro». Lanciava quindi la sfida della Costituente, che sarebbe stata il banco di prova su cui gli italiani avrebbero potuto giudicare se determinate aperture dei comunisti erano frutto di una »tattica esteriore per conquistare un Paese cattolico o mutamento interiore di propositi e di convinzioni». Inoltre affermava che non si potesse comunque pensare che di colpo fossero sparite le differenze tra cristiani e marxisti, e dunque citare in campagna elettorale questioni legate alla dimensione religiosa appariva pienamente legittimo.
On. Alcide De Gasperi Presidente del Consiglio dei Ministri Roma
Caro De Gasperi,
leggo sul «Popolo» che parlando a Viterbo ieri sera avresti detto che «di fronte al problema religioso i comunisti hanno promesso la tolleranza, cioè la non punizione di chi manifesta e professa idee religiose» e proseguito affermando che questo è «troppo poco».
Sono d’accordo con te che sarebbe «troppo poco», e per questo è bene metter le cose a posto. Naturalmente tengo il dovuto conto della difficoltà in cui tutti ci troviamo di veder pubblicati rendiconti esatti dei discorsi che pronunciamo; non posso credere, infatti, che siano da te ignorate le posizioni del mio Partito a proposito di quello che tu chiamo il «problema religioso».
Nella risoluzione del nostro V Congresso, che contiene l’essenziale del nostro programma per la Costituente, è detto che noi rivendiamo libertà di coscienza, di stampa, di culto, di associazione e propaganda politica, sindacale e religiosa.
Nel mio discorso allo stesso V Congresso è stato detto inoltre che noi accettiamo l’attuale regime concordatario né credo ti risulti, in tutta la mia attività di governo, un atto qualsivoglia in contrasto con questa dichiarazione. Da parte mia, non mi risulta di aver avuto con te il minimo contrasto a proposito di una questione che riguardasse anche lontanamente la religione.
Qualora la tua affermazione si riferisse al mio partito, per quanto, trattandosi di associazione privata, non sarebbe qui applicabile la nozione di «punizione», nel nostro Statuto è detto semplicemente che possono entrare nel partito i cittadini italiani di ambo i sessi che abbiano raggiunto una determinata età, indipendentemente dalla razza, dalla convinzione religiosa e dalle convinzioni filosofiche. Nulla a che vedere, quindi, nemmeno per questo aspetto, con ciò che tu avresti detto.
Mi scuserai il fastidio di queste citazioni e di questi richiami; e ti dico subito perché ho voluto infliggertelo.
So che nella lotta elettorale certe esagerazioni sono quasi inevitabili, e non mi impressiona per nulla il fatto che agitatori inesperti e di scarsa buona fede, credendo di ledere la mia troppo solida reputazione di buon italiano, accusino alle volte [te] di tollerare nel Ministero che tu presiedi un Guardasigilli di nazionalità [non] italiana. Credo però che almeno i dirigenti dei grandi partiti nazionali contribuiranno alla chiarezza e lealtà della vita politica e renderanno quindi un grande servizio al paese se, nel discutere tra di loro davanti al popolo, esamineranno, discuteranno, confuteranno le posizioni dei loro avversari riproducendole esattamente, senza contraffazione alcuna. Il mio Partito, che è fiero di aver aperto con la sua iniziativa, per il bene di tutto il paese, l’attuale periodo di collaborazione governativa tra i partiti diversi, si sforza di attenersi sempre a questa regola. Io poi ritengo che se tutti si attenessero ad essa la lotta politica comincerebbe realmente a svolgersi su un piano elevato, del che tutti trarrebbero vantaggio. Ma tu già hai capito che io sono un impenitente idealista, e quindi troppo spesso inascoltato. Spero almeno di riuscire a qualcosa questa volta.
f.to Palmiro Togliatti Roma, 8 aprile 1946
[Tratto da "La guerra di posizione in Italia - Epistolario 1944-1964" di Palmiro Togliatti. A cura di Gianluca Fiocco e Maria Luisa Righi, con la collaborazione della Fondazione Istituto Gramsci. Pubblicato da Einaudi. 1ª edizione - 2014]
Trentasei anni fa, il 16 marzo 1978, Aldo Moro, Presidente della Democrazia Cristiana, veniva rapito in via Fani, a Roma. Una tragica vicenda, sporca di sangue e di un mistero pressoché irrisolto.
Quel giorno, morirono 5 uomini della scorta dell’On. Moro: due carabinieri, Oreste Leonardi e Domenico Ricci e tre politiziotti, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi. Scortavano il Presidente DC dalla sua abitazione romana alla Camera dei Deputati.
Quel giorno, iniziò una lenta agonia, in cui venne fuori l’impotenza dello Stato nei confronti del terrorismo armato delle Brigate Rosse. Cinquantacinque giorni di un’orribile vicenda, conclusasi nel peggiore dei modi, con il ritrovamento, il 9 maggio, del corpo di Aldo Moro, in una Renault 4, in via Caetani, all’angolo tra via delle Botteghe Oscure (sede nazionale del PCI) e Piazza del Gesù (sede nazionale della DC), un tragico segnale di dissenso delle BR al progetto politico disegnato da Moro, quello del Centrosinistra.
Trentasei anni dopo, il nostro Paese non può dimenticare quello che è stato.
Aldo Moro rappresenta l’uomo politico con la P maiuscola, capace di saper tradurre le necessità dell’Italia di quegli anni, di avere a cuore i bisogni degli italiani. Una cultura politica mostruosa al servizio della Comunità.
Lo spirito che portava l’On. Moro ad impegnarsi in politica per il bene della gente, è lo stesso che vogliamo valorizzare oggi, con il nostro impegno, traendo da persone come lui, Enrico Berlinguer e Sandro Pertini, l’alto valore dato alla politica, ai bisogni dei cittadini.
Oggi, 16 marzo 2014, per molti può essere una domenica tranquilla, ma per la nostra Democrazia, invece, è una data tragicamente importante. Per chi fa politica, come noi, è un giorno in cui riflettere, comprendere, assimilare, per poter compiere, quotidianamente, il nostro dovere verso la nostra terra, verso l’intero Paese, nel migliore dei modi.
L’Italia è in pericolo. L’Italia è in serio pericolo. La società è allo sbaraglio. I cittadini vedono il proprio reddito scendere a vista d’occhio(-2,7%). I giovani vedono il loro lavoro (precario) sempre più lontano, la disoccupazione giovanile è salita al 29%, dato storico. Il Parlamento non ha più poteri, il dittatore con il passamontagna ha ormai sradicato il senso di quei posti, dove si è fatta l’Italia, dove sono nati i veri progetti per lo sviluppo del Paese. La paura è tanta, non si riesce a comprendere da che parte stare. Il senso dell’umiltà è ormai scomparso, non c’è nemmeno più la dignità di ammettere di aver sbagliato. Tutto questo è stato sostituito dalla superbia e dalla faccia tosta di negare la realtà, di negare le parole trascritte dalle intercettazioni. Le televisioni sono impantanate in un contesto melmoso, fatto di servitù politica e di lecchinaggio a tutto spiano. Annozero fa un unico errore: lascia troppo spazio a puttane e papponi e non si occupa di sondare il territorio, di effettuare un’indagine giornalistica degna di una trasmissione da 7 milioni di telespettatori. L’alternativa al berlusconismo doveva essere il centro-sinistra, ma qui pare essere la nuova destra di Fini. Che dolore atroce al popolo riformista di sinistra, che dolore atroce a chi ha creduto in un progetto. L’ipocrisia è in tutti noi, ognuno di noi ha qualcosa dentro di se che lo rende impocrita, purtroppo, nel momento meno opportuno. Il centro-destra italiano è stato mangiato vivo da Berlusconi, ma la sinistra è stata divorata in un sol boccone dall’anti-berlusconismo. Il Partito Democratico perde sempre consensi, pur perdendo credibilità anche il PdL e la Lega. Il partito più grande d’Italia ha un nome e governerà il Paese nella prossima legislatura, si chiama il Partito dei Cittadini Incazzati, il partito degli astensionisti. Gli astensionisti sono coloro che affrontano la situazione con un forte gesto politico, molto di più di quello che sembra. La situazione è paradossale, in un sistema democratico, basato di forti divergenze tra destra e sinistra, se una parte perde consensi, l’altra ne trae vantaggio, facendo suoi i voti degli scontenti. In Italia è tutto diverso, come sempre. Il grande centro, in realtà è una farsa, un’orgia politica, nata con l’unico scopo di portare i partiti che la compongono al Governo. Un partito che durerebbe 10 min, 6 se all’interno c’è anche il Partito Democratico. La sensazione di smarrimento nel più grande partito di sinistra è forte, a dimostrarlo sono anche i Giovani Democratici di Tivoli, con la loro lettera di addio al PD e l’annuncio del passaggio a SeL. Dovrei parlare di partiti? I partiti sono troppi e troppi rimarranno fino alla caduta della Seconda Repubblica. La Prima è stata la Repubblica delle coalizioni post-elezioni, la Seconda quella del leader al comando della coalizione. Ma dopo cosa accadrà? Si avvierà un nuovo processo, o si ritornerà indietro? Ci sarà una Terza Repubblica? Quella fondata sulle idee e sui progetti comuni o si ritornerà alla Repubblica della DC e del compianto PCI? Il consenso pare essere l’unico pane dei partiti. Tutto viene fatto esclusivamente per quello, ma se una determinata mossa, magari positiva per il Paese e per rilanciare, ad esempio, l’economia è impopolare, non si fa. Meglio il populismo, meglio sparare fesserie a tempo record. Tutta l’Europa si prende a braccetto per risollevare l’economia del continente, per salvare l’Euro dalla speculazione, ma l’Italia preferisce parlare, solo ed esclusivamente, di giustizia. Chissà per quale motivo. Io sono stanco di sentir parlare di lodo, legittimo impedimento, leggi ad personam, voglio sentir parlare del mio futuro. Voglio accendere la tv, guardare Ballarò e sentir parlare Bersani del futuro dei ragazzi di questo Paese, voglio sentir dire da un esponente dell’opposizione di essersi stancato di parlare di puttane, consigliere regionali e ministre. Voglio sentir dire da un esponente dell’opposizione che se il programma ha come tema i fatti personali del premier, lui non parteciperà alla trasmissione. Voglio sentir dire questo, voglio capire da che parte stare. I cittadini si stanno mobilitando, il 13 febbraio a Roma e in tutta Italia ci sono state manifestazioni per la salvaguardia dei diritti e della dignità delle donne. Io amo le donne. Amo il loro modo di essere, di saper interpretare il mondo. L’uomo senza la donna è perso. Se Dio creò la donna da una costola dell’uomo, significa che senza quella costola noi crolleremmo all’istante, come invertebrati. In tutta la Penisola, c’è una raccolta firme in corso, per chiedere le dimissioni di Berlusconi. Anche qui andiamo divisi. Anche qui il PD ha i suoi moduli e Rifondazione Comunista i suoi. Ma perchè sono sempre gli stessi a fare queste cose? I cittadini sono stanchi! L’Italia dei Valori e Sinistra Ecologia e Libertà hanno aderito all’iniziativa firmando i moduli dell’altro partito, senza creare dei propri moduli, con testi differenti e con una matrice politica un po’ diversa. Pensate che i cittadini siano contenti nel vedere questo scempio? Io sputerei per terra. L’ipocrisia di chi guida è tanta. I paraocchi di chi è alla base, immensi. Non ci accorgiamo che chi chiede sacrifici, non ha mai sentito la necessità di dare l’esempio. Il predicare bene e razzolare male, porta ad un’unica strada, quella della fine. Berlusconi ne è l’esempio, il 6 aprile sarà processato e se fino a quel momento, non si sarà fatto una legge ad personam, sarà la fine per colui che, più di tutti, ha preso in giro l’Italia. Dall’altra parte del Mediterraneo sta accadendo qualcosa di bellissimo. I dittatori sono schiacciati dal Popolo, con la P maiuscola. Anche in Iran e Algeria è iniziata la rivoluzione. Dobbiamo avere coraggio e soprattutto capacità di credere in qualcosa di remoto, ma che prima o poi potrà toccarci e cambiare la nostra vita. W l’Italia. W il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. W il Sud. W il Nord. W il Centro. W le Isole. W Noi. W chi ha voglia di cambiare.