L’ipocrisia dell’eroe

Da un po’ di giorni, su internet, è comparso un gruppo, un blog e un profilo twitter di un precario che, licenziato dopo 15 anni dal Palazzo di Montecitorio, ha deciso di svelare i privilegi della casta.
Fin qui nulla in contrario: era palese la valanga di servizi a carico dei cittadini che, da molto tempo a questa parte, la politica sfrutta e sin troppo.
Ma c’è un aspetto da non sottovalutare: questa azione di protesta è stata lanciata solo dopo aver ricevuto questa batosta lavorativa, mentre prima tutto era tranquillo, si viveva con la conoscenza dei fatti, ma mai parlato e svelato niente. 200.000 iscritti nel gruppo di Facebook e tantissimi commenti di leggitimo disgusto da parte di molti cittadini, ma non è accettabile vedere un’azione del genere, solo dopo essere licenziato, come ripicca. E se l’uomo in questione non fosse mai stato licenziato? Si sarebbe mai permesso di pubblicare queste cose? Io direi proprio di no, ma allora, dov’è la legittima attribuzione di un plauso a questo cittadino? A mio parere non ci sarebbe un modo per apostrofare questo comportamento, come eroico e di alta rilevanza sociale.
In Italia esiste una filosofia triste, individuabile in ogni contesto e in ogni dove: “fin quando mi danno, io non do fastidio”, e potrei posizionarla al centro dello status del nostro Paese, dove per anni tutto passa sotto il naso dei cittadini, ma fin quando nessuno viene travolto da qualche problema, si lascia scorrere, inesorabilmente.
La vendetta è sinonimo di rancore nei confronti di qualcuno, ma certe questioni sarebbero più lodabili se tirate in ballo per un senso civile e sociale, anziché di risposta ad un torto ricevuto.

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