Categoria: Politica


  • Giovani, politici

    Credo che il miglior modo per rispondere all’articolo di Dino Amenduni, uscito ieri sul FattoQuotidiano.it, sia descrivere quelle emozioni che, per quanto possano essere rilevanti per gli altri, per me consistono nella mia unica ragione di impegno e di lavoro per contribuire al Cambiamento, con la C maiuscola.

    Io, da aprile 2010, sono un Giovane Democratico, per mia scelta e per mie ragioni squisitamente politiche. Sin dal primo giorno mi sono impegnato nel costruire assieme agli altri amici e compagni di partito, chiamarli tesserati non suona bene, per il senso forte che un ragazzo ha all’interno di un’organizzazione).

    Ho sempre ritenuto, e ritengo tutt’ora, che un partito politico debba costantemente e paritariamente, con tutti,  contribuire alla crescita e alla realizzazione di una persona, non per questo si dice che l’apice della persona sia il partito e non viceversa, cosa che siamo abituati, purtroppo, a vedere da un po’ di anni a questa parte. I primi a cui dare questa opportunità sono senza dubbio i giovani, nuovi protagonisti della politica a tutti i livelli, vi invito a vedere i programmi elettorali redatti dalle giovanili di partito per le Amministrative 2011: sono specchio di semplicità, coerenza e soprattutto impegno ed amore verso la propria città e i propri concittadini.

    Se dovessi tracciare un racconto, un filo logico, su tutto ciò che potrebbe significare per un partito politico, avere nelle proprie viscere una giovanile, credo che non basterebbe un romanzo, per descrivere i sentimenti, il lavoro, i sacrifici e soprattutto la passione che migliaia di ragazze e ragazzi riversano all’interno di organizzazioni politiche giovanili, stesse passioni che non avrebbero spazio in partiti “standard”, per una semplice ma persistente sottovalutazione delle nostre capacità.

    Come lo stesso Segretario dei GD “Terra di Bari”, Pierpaolo Treglia, che nella sua risposta al medesimo articolo, ha sottolineato l’importante presa di posizione che i giovani hanno preso all’interno del partito e della grandissima importanza che ognuno di loro ha e del fatto che essere iscritti ad una giovanile, non implica l’essere banditi dall’organizzazione “ufficiale” o, se vogliamo, “madre”.

    Io credo nelle giovanili, ci credo fortemente perchè penso siano l‘unico spazio che noi giovani e giovanissimi abbiamo per esprimere, per impregnare le nostre mani in un mondo così complesso come quello della politica e, soprattutto, riusciamo a vivere da protagonisti vicende, prese di posizione, in grado di crescere con la consapevolezza di come si gestisce un partito, di quelle che sono le difficoltà (non poche) nel portare avanti un’organizzazione politica: penso all’oneroso compito di coordinare i lavori, di mantenere i rapporti con altre organizzazioni, sviluppando anche una politica di relazioni, basata su esperienze e sulla costruzione di una visione delle cose più cristallina e mirata al giusto, che senza dubbio sarà utile e spendibile per un ruolo decisivo nello sviluppo dell’organizzazione madre.

    Sono sempre stato fortemente contrario alle organizzazioni politiche gestite in malo modo e, senza alcun timore, ho denunciato più volte le questioni irrisolte che all’interno del mio stesso partito (PD) vagheggiano e vengono alimentate dal dirigente di turno, messo lì per caso, per occasione o per una sorta di clientelismo. Ovviamente la questione l’estendo agli altri partiti che, purtroppo, ci sguazzano dentro con un sottile strato di ipocrisia.

    Più che abolire le giovanili, direi di fondare le “anzianili”, o se vogliamo chiamarle in altro modo, direi che è arrivata l’ora di scagliare sassi e bastoni contro una parte dei partiti politici che ha già dato, che non ha più risorse e passione e che sfrutta le azioni di partito per sanare propri interessi, di accompagnarle verso un settore del partito che si occupi, magari, di consigli, direttive e/o semplicemente sviluppare la storia interna del partito, lasciando libero campo a chi ha l’età per dichiararsi giovane e proiettato al futuro. Direi che la miglior visione delle cose, sarebbe quella di dividere il percorso politico di un individuo (di giovane età) in 3 fasi: • prima fase, giovanili di partito per comprendere, vivere e crescere politicamente; • seconda fase, con un bagaglio non poco prezioso sulle spalle, si affronta la politica vera, attiva e magari entrando nelle istituzioni, mettendo in pratica tutto quello che si ha acquisito durante il periodo di formazione; • terza fase, concluso il proprio mandato, l’individuo lascia la “politica delle istituzioni”, impegnandosi in una fondazione o semplicemente lavorando all’interno del partito, come colonna portante di stabilità e di esperienze preziosissime in caso di crisi interna o di consigli su questioni rilevanti e delicate. Ecco come dovrebbe svilupparsi un percorso politico. Ovviamente ci sono casi in cui la prima fase, quella delle giovanili, viene omessa, ma non per questo significa che le giovanili non servono, perchè a loro volta, chi si affaccia in politica ad un’età fuori dai limiti, per inserirsi all’interno di una giovanile, viene da una storia di associazionismo, di un forte interesse politico.

    La giovanile fa gruppo, la giovanile crea sentimenti, li sviluppa, educa al rispetto del prossimo e del pubblico ma soprattutto accende la passione all’interno dei “giovani politici”, futuri, si spera, amministratori e governanti di questo paese. Se non fossero questi i principi su cui basare l’esistenza di un’organizzazione, mi chiedo a cosa serva la politica e mi chiedo con quale motivazione i giovani si affaccino all’amministrazione della Res Publica, io voglio credere in una salita in politica, anzichè in una scesa, voglio credere in una strada aperta e illuminata dalla democrazia e dalla meritocrazia.


  • Comunicato Politico n.2

    Guardo dalla finestra e mi chiedo se tutto questo sia utile. Mi guardo allo specchio e mi chiedo se questa faccia potrà essere utile alla società. Esco di casa e mi chiedo se un giorno tutto sarà diverso. Sono queste domande che mi tormentano, che mi tartassano il cervello, a spingermi nello scrivere questo comunicato politico, il secondo, a dir la verità.

    La situazione in Italia è a dir poco traumatizzante: l’economia traballa, nuovi tagli arriveranno per i servizi dello Stato e non sappiamo come e dove arriveremo, ci sentiamo pieni di spazzatura, da ogni angolo delle città esce del marcio, siamo stanchi di vedere un Paese come l’Italia, soggiogato da una miriade di politici in doppio petto che distruggono la dignità della nostra Nazione. Ma la questione si fa più interessante quando, a mo di addizione algebrica, i giovani vengono messi da parte, tracciando un forte senso di smarrimento generazionale.

    Le Amministrative sono ormai alle porte, i candidati hanno avviato la loro campagna elettorale, e i ragazzi non mancano mai nelle liste. Ma qual’è la funzione della loro presenza? Riempire le liste? Portare voti? O garantire il diritto all’impegno politico, di chi, pur con un’età giovane, ha deciso di impiegare il suo tempo al “noioso” compito di amministratore locale.

    Noi dobbiamo garantire l’ingresso in politica a tutte quante le generazioni, palesemente dichiarandoci favorevoli ad un cambio generazionale, a tutti i livelli. Gli studenti, i giovani lavoratori e precari, hanno il diritto di essere attivi politicamente, non solo all’interno del partito, ma anche all’interno delle istituzioni, lasciando un messaggio ben chiaro: lì dove le vecchie generazioni hanno fallito, le nuove riusciranno a ridare speranza. Io credo in questo messaggio e mi faccio portatore in prima linea.

    Cos’è il 2023? E’ un anno qualsiasi? Adesso si, per l’attualità è un anno come tutti gli altri, forse con scadenze, forse con altri problemi, ma al momento è una data da destinare al futuro. Per me invece, il 2023 è un anno importante, un anno che spero di prelevare dal futuro presente e consegnarla alla storia. Non chiedetemi cosa sarà quell’anno, ma vi posso assicurare che i preparativi sono già incominciati e nessuno dovrà tirarsi indietro, perchè i protagonisti siamo tutti noi.

    Sono stanco di guardare il mondo dalla TV, sono pronto per scrivere assieme agli altri un nuovo copione, una nuova società.


  • La filosofia dell’ombrello

    Ma allora è proprio vero, in questi 20 anni c’è chi è riuscito a plasmare le menti delle persone in una maniera assurda. Credo che sia scontato dirvi a chi mi riferisco, ma vorrei soffermarmi sui malcapitati.

    Le amministrative si avvicinano, l’aria si fa pesante e c’è chi gioca su diversi piani pur di conquistare credibilità e la fiducia del Popolo. Ma se una tattica, consiste nel nascondere i partiti sostenitori, permettetemi di dire, non è affatto accettabile. Stiamo vagando senza meta in un contesto che ci è poco familiare. Per favore, torniamo con i piedi per terra: vi ricordo che i partiti sono i bacini di voti, l’immagine del candidato molte volte non influisce come dovrebbe.

    E’ giusto adesso fare degli esempi: prendiamo per primo, il duello più emozionante, Milano. A Milano ci sono due candidati principali, la Moratti per il PdL e Lega, Pisapia per il Centro Sinistra, a seguire altri piccoli candidati come Palmieri, per FLI. Ora, ne ho citati tre, ma nessuno di questi ha sul proprio sito i loghi dei partiti, non ce n’è uno. Cosa diversa per i candidati “naturali” della Lega, forse per una questione di sicurezza e protezione colorano tutto di verde e bianco, ma a parte alcuni casi sporadici, il resto è completamente scarno di un modo di fare riferito ad ideologie e credo soprattutto privo di rispetto verso le “quinte” delle amministrative, cioè le migliaia di ragazze e ragazzi, anziani e non, che ogni giorno lavorano per informare, spiegare le ragioni di un cambiamento. Molti di questi “operatori” sono ragazze e ragazzi di partito. Non vi ho inserito Napoli, Bologna e Torino, ma la situazione lì è la stessa (vedi Fassino).

    Odio i comitati elettorali, li odio con tutto me stesso. Credo che, se da un lato, per sconfiggere il Berlusconismo serva utilizzare le stesse mosse e mezzi, da un altro dobbiamo fare nostri aspetti importanti, come la partecipazione democratica e la non dimenticanza del gruppo di lavoro, del partito che si trasforma in un maxi laboratorio di idee e di progetti. L’appartenenza è importante, bisogna essere fieri di appartenenere a quella determinata fazione politica. Vedere candidati che mostrano il loro bel faccione (a volte nemmeno, forse per paura di spaventare qualcuno) come unico strumento di propaganda, penso debba tornare sui propri passi e riconquistare la fiducia del suo Popolo con le dovute dimostranze, partendo dai simboli.

    Se la Prima Repubblica era quella dei partiti come “motore della società”, se la Seconda è quella dei leader carismatici alla guida degli stessi, la Terza non può essere quella di “una persona al centro dell’attenzione” e tutto il resto dopo. No, così non può essere!


  • Cazzerendum

    La democrazia ha i denti di carta. Riesce a mordere al primo colpo, ma in difesa è debole. Eravamo partiti in quarta, ce l’avevamo messa tutta e alla fine avevamo raccolto firme e informato milioni di cittadini, tutti quanti per il referendum sull’acqua, sul legittimo impedimento e sul nucleare, ma ora qualcosa è andato storto. Non credo che sia oggetto di stupore l’attività che il Governo sta portando avanti per disintegrare la fortezza popolare sulle decisioni abrogative come appunto il Referendum. E’ evidente che la situazione porti ad un’unica soluzione: pretendere di votare comunque l’abrogazione delle leggi in vigore o di cambiare (in tempo) il Referendum da abrogativo a consultivo. Perchè non farlo? Perchè non provarci? E’ senza dubbio la via migliore. Non possiamo dipendere dalle voglie di Berlusconi, che peraltro conosciamo molto bene e sappiamo essere contro qualsiasi forma di intromissione democratica.

    Se il Referendum diventasse consultivo, riusciremmo in 2 mesi a impiegare meno lavoro di quello che stiamo facendo ora, per un semplice fatto: il Referendum abrogativo ha quell’anomalia di dover votare SI per dire NO e molte volte le persone anziane o poco informate comprendono il contrario, votando diversamente da quello che pensano. Perciò diventerebbe il semplice, ma non banale: “Volete il nucleare in Italia? SI o NO?”, “Volete l’acqua pubblica in Italia? SI o NO?”, “Volete garantire il legittimo impedimento ai membri del Governo? SI o NO?”. Credo che basterebbe un semplice ragionamento, applicabile anche da un bambino di scuola elementare, per capire cosa è meglio votare, il giorno delle urne.

    Purtroppo questo è un blog “di provincia”, mi piacerebbe che questa idea arrivasse anche a chi ha raccolto le firme, a chi ha speso tutto se stesso per organizzare raccolta adesioni in tutta Italia e che oggi ha costituito i comitati referendari, i coordinamenti di propaganda per il SI (vi ricordo che ci sono 4 SI per questo Referendum, considerando anche quello sul Nucleare. Parlo del SI per l’abrogazione dell’atomo, uno per il legittimo impedimento, due per l’acqua pubblica). Sarebbe una contromossa sensazionale, potremmo mobilitare le parti sociali e farcela. L’unica cosa che bloccherebbe il tutto sono le schede già in stampa, ma visto che a sprechi andiamo abbastanza forti, credo che uno spreco, per una battaglia nobile come questa, sia più che giustificato.


  • Politica inter Populi

    Devo scusarmi con tutti voi per questa mia assenza, ma sono stato impegnato con la scuola e altri problemi. Nel corso di questi 20 giorni, ho maturato una concezione della politica che forse già avevo dentro di me, che magari ero anche riuscito a manifestare, ma oggi la voglio mettere per iscritto, così da dare la possibilità a tutti di potersi confrontare con me.

    Da quando Berlusconi è diventato l’arraffone, pappone e ladrone della politica italiana, un carro armato guidato da antiberlusconiani sta travolgendo tutto, ma in particolare, l’ordinamento politico della Repubblica.

    Ho sempre pensato che i partiti, per quanto possano essere marci all’interno, di marcio ci sono solamente le persone che dirigono, per questo non sono d’accordo nell’attivismo politico sfrenato dell’associazionismo civico che denigra i partiti. L’associazionismo è una cosa bellissima, io vivo di associazionismo e devo dire che le migliori idee nascono proprio durante riunioni di associazioni democratiche. Ma il punto dov’è?

    C’è un’aspetto dell’associazionismo che ritrae una voragine ideologica e sociale, potrei definirla come narcisismo, e forse nemmeno riuscirei a racchiudere il senso. Parlo di quelle posizioni, anche morali, che i membri delle associazioni (non tutti, per carità) assumono nei confronti dei partiti e del mondo politico in sè. Quando qualcuno pensa che il motore della società civile sia l’associazionismo, ha perfettamente ragione. Persino lo Stato possiamo definirlo come una grande associazione. I partiti? Sono delle associazioni politiche, ma hanno un significato diverso dall’associazione culturale o dall’associazione attivista.

    I partiti sono il motore del mondo politico e così dovranno rimanere. La miglior cosa sarebbe quella di vedere persone formarsi all’interno delle associazioni e poi di inserire le proprie capacità in un contesto partitico e sviluppare, su basi ideologiche, morali e inerenti alle istituzioni, progetti per la cittadinanza.

    Se vogliamo salvare la Democrazia, non possiamo disintegrare i partiti. Se vogliamo salvare la Repubblica, non possiamo decidere con migliaia e migliaia di associazioni, ma solo lavorare idee, progetti da consegnare ai partiti e da mettere in cantiere.

    Ultima cosa: impegnamoci a cambiare i partiti dall’interno.


  • Marte sulla Terra

    Sono stato per una settimana in Cornovaglia. Non vi dirò tutto, perchè mi rendo conto che potrei solo far invidia a molti di voi (battutona), ma vi racconterò ciò che è successo e mi ha lasciato senza parole.

    Parte prima: sapete quando diventate una sorta di museo vivente? Quando tutti vi guardano, osservano e si domandano quali siano le origini dei reperti di quel museo, che voi siete? Ok, sono rimbambito, ma lasciatemi almeno dire a cosa mi stia riferendo.

    Tutto è incominciato quando, arrivato a destinazione, ho dovuto oltrepassare l’ingresso della Mounts Bay School, una scuola, a mio parere, che merita tutti gli onori, per la buona organizzazione didattica e disciplinare. Entrati a scuola, subito, come ovvio che sia, siamo stati raggiunti da molti studenti inglesi che, visti ragazzi di altre nazioni europee (Italia, Norvegia, Bulgaria, Turchia, Polonia e Germania) hanno subito chiesto nomi e altre cose. Ma dov’è la notizia? Aspettate un secondo e ve la dico: arrivati al gruppo italiano (3 membri: 1 ragazzo – io, 2 ragazze) hanno fatto domande sulla cultura, hanno espresso la loro ammirazione nei confronti del Paesaggio e della Storia che ci portiamo sulle spalle (indegnamente, al giorno d’oggi), ma arrivati all’ultima domanda, la punzecchiatina arriva al dunque: cosa ne pensi di Berlusconi? Ma come fate ad averlo ancora come Primo Ministro? A tal domanda, non sapete come il mio cuore si è aperto in una dirompente scia di emozioni patriottiche (quindi anti-berlusconiane) e lascio a voi immaginare cosa io abbia potuto dire.

    Il motivo per cui ero lì, in Cornovaglia, era per un progetto Comenius, scambi studenteschi finanziati dalla Comunità Europea, che hanno come primi obiettivi lo sviluppo della lingua inglese e della categoria disciplinare in questione (può essere sulle biotecnologie – il mio, sull’architettura e su altri argomenti, inerenti al percorso di studi). Beata Comunità Europea! Meno male che esisti!

    Riprendendo il discorso, mi sono sentito fuori dal mondo lì, ma di certo non per il degrado, anzi, il contrario. Strade pulite, leggi severe, cinture allacciate anche ai sedili posteriori, mai il cellulare durante la guida,  strade non invase da centauri o da macchine parcheggiate in tripla fila, insomma, mi sentivo in Europa.

    E a dire che siamo sempre il Paese numero uno per le leggi, da noi è nata la Storia Romana, il Diritto Romano, un faro del mondo e musa ispiratrice delle leggi e dei codici civili del mondo.

    Questa è l’Italia di Berlusconi. Questa è l’Italia del ritorno al nucleare. Questa è l’Italia senza fondi alla Cultura. Questa è l’Italia del 2011. E nel 2012? Staremo a vedere.


  • Rai-s/d

    Avete ragione, non ho ancora espresso un mio parere in merito alla Guerra in Libia, cercherò di farlo adesso.

    Penso che non sia il momento di fare i moralisti, prima di tutto, e credo che, mai come ora, la coesione nazionale sia più che necessaria. L’effetto boomerang sarà inevitabile, se non per ragioni di sicurezza territoriale, lo sarà per ragioni prettamente economiche.

    A sfilarci i contratti stretti con la Libia, sarà la cara Carlà Brunì e consorte, il caro Sarkozy che pur di riconquistare i cuori della destra francese, in vista delle Presidenziali del 2012, ha premuto l’ONU affichè ci fosse un’azione di guerra per “tutelare i civili”, questa è la motivazione di tali bombardamenti. La cosa di cui dovremmo preoccuparci è essenzialmente una: siamo sicuri che stiamo facendo del bene al Popolo Libico? E se si, lo stiamo facendo “a pennello”? Se ci fa tanto scalpore una fan di Gheddafi che sputa sulla foto del Raìs, dopo il massacro a Misurata, poniamoci la domanda se qualche ribelle abbia sputato sulla bandiera francese, americana e inglese, dopo i diversi bombardamenti che hanno spazzato via, purtroppo, vite di persone “contro-Gheddafi”.

    Ma la curiosità, mi porta a domandarmi chi prenderà il potere in Libia, nel post-Gheddafi. Saranno veramente i componenti del Governo di Bengasi a prendere il controllo politico ed economico o le truppe Total colonizzatrici della Francia pianteranno la propria bandierina sulle coste libiche? Questo è tutto da vedere: se da un lato la Coalizione Internazionale si sta facendo garante della libertà di un Popolo, ormai distrutto dal dittatore che dal 1969 controlla e governa il Paese, dall’altro vediamo un’insieme di Nazioni pronti ad accaparrarsi il bell’oro nero, pasto succulento di tutte le nazioni più sviluppate.

    Eppure, io una delusione lo avuta: Obama ha avviato una nuova guerra durante il suo mandato, che strano caso è l’America? Forse è necessario avviare un conflitto internazionale, per essere considerati Presidenti degli Stati Uniti, ufficialmente? Credevo che il sogno di una ritirata delle truppe alleate dall’Iraq e dall’Afghanistan iniziasse ad essere realizzabile, ma dalle ultime vicende, traspare un semplice senso di sfruttamento e di potenziamento di interventi militari nella valle dell’Oro Nero.

    Ma guardiamo la cosa da un semplice punto di vista: cosa è stato fatto in Iraq? in Afghanistan? In Iraq è stato rovesciato il regime di Saddam Hussein, benissimo, ma ora chi c’è? Ci sono i cittadini Iracheni alla guida di quel Paese? O ci sono gli Americani? Stessa cosa potrebbe succedere in Libia, bisogna fare molta attenzione. Ecco perchè è necessario che ci sia qualche Paese o qualcuno di molto rilevante, sul piano internazionale, che ricordasse al Presidente della Repubblica Francese le sue parole, durante i diversi comunicati ed interviste rilasciate minuti prima e dopo l’avvio dei rais.

    Attendo con ansia l’esito della guerra, e soprattutto, vorrei tanto sapere quanto durerà questo intervento di “pace”. Obama dice poche settimane, la storia dice anni.


  • Discorso di uno studente al Parlamento

    Onorevoli cittadini,

    si proprio questo, cittadini. Voi siete cittadini chiamati qui ad amministrare la Cosa Pubblica, a rendere migliore il nostro vivere quotidiano, con provvedimenti legislativi e meritocratici. Tuttavia, ho il dovere di dirlo, avete fatto veramente poco, rispetto a ciò per cui siete stati eletti.

    Voi non mi conoscete, sono uno studente, un giovane cittadino che, con grande attenzione, segue ogni singola vicenda politica e spera in un cambiamento. Il cambiamento deriva da una voglia di riscatto che i cittadini hanno fatto propria e che ,ora vogliono più che mai, vogliono far esplodere. Faccio parte di quella schiera di persone che nessuno di voi ha mai incontrato, se non per motivi elettorali o personali. Sono un comune cittadino, un cittadino attivista.

    Mi sento onorato di essere qui, in questa aula, Montecitorio, eppure sento un terribile imbarazzo nel vedere puntati verso di me, occhi di gente immorale e disonesta, che ha sfruttato e sfrutta tutt’ora il suo ruolo per i suoi sporchi interessi. Questo Palazzo, come anche Palazzo Madama, sono da sempre un faro di democrazia per il nostro Paese, fulcro centrale del sentimento patriottico e democratico che ha sempre caratterizzato l’Italia, dal 1946 ad oggi, pur peccando, spesse volte, di qualità e di decoro istituzionale.

    Il mio intervento di oggi è dovuto alla necessità che i cittadini hanno nei confronti della politica, una necessità tinta di nero, per il luttuoso senso di smarrimento che nessuno può scongiurare se non proprio la politica stessa.

    La catastrofe politica ha toccato dei punti importanti per il nostro vivere e per la nostra società. Cominciando dalla scuola, fino al lavoro, passando per i numerosi tentativi di scardinare la Giustizia Italiana.

    I miei più sentiti ringraziamenti vanno al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e ai lavoratori precari, vero motore dell’economia nazionale.

    Questo 2011 sarà un anno che difficilmente dimenticheremo, da una parte per i festeggiamenti dei 150 anni dell’Unità del nostro bellissimo Paese, ma dall’altra per una vicenda che profuma di libertà, la sfida dei ribelli verso Gheddafi in Libia.

    La politica deve riprendere a vivere e far sognare i cittadini. La politica deve necessariamente essere civilizzata, la classe dirigente del nostro Paese non può sentirsi estranea alle vicende che toccano il nostro benessere e il nostro sistema sociale. Chiunque abbia una posizione di rilievo nel nostro Paese deve necessariamente comprendere l’importanza di aprire all’innovazione e di chiudere definitivamente ad aspetti obsoleti come il nucleare, passando anche ad una revisione di riferimenti legislativi di vecchissima data, per ridare respiro alla nostra economia e al nostro spirito d’iniziativa.

    E con questo discorso che mi rivolgo a voi, precari, si spera, del Parlamento. Precari perchè quest’aula deve essere per tutti voi un momento di passaggio, un momento di lavoro intenso ma che poi si deve lasciare, per dare spazio ad altri, magari con aspetti diversi e talvolta positivi per la crescita del nostro Paese.

    Ho sofferto con tutto me stesso quando, in un determinato momento di questa legislatura, il Sen. D’Alia e l’On. Carlucci, hanno tentato di mettere il bavaglio alla rete e a tutte quante le persone che la popolano. Mai e poi mai, in sintonia con la Carta Costituzionale, si dovrà toccare la libertà di opinione e di parola. La libertà è sacra e il popolo libico ci sta dando una forte lezione di libertà e di riscatto sociale.

    Noi siamo italiani, siamo il Paese della Cultura e non possiamo spegnere il fuoco del sapere e dell’arte. Il turismo in Italia è solamente effetto delle meraviglie che custodiamo nel nostro territorio. I cittadini stranieri ci gridano a gran voce di non abbandonare a se stessi, tutte le opere storiche ed artistiche della Nazione.

    Siamo pronti al riscuotere il successo? Il tanto sudato premio di tutti gli italiani? Se lo vogliamo tutti, tutti quanti dobbiamo abbandonare il forte attaccamento alle poltrone e dirigere l’immenso egoismo che noi uomini puntiamo su nomine e denaro, su un aspetto comune e di vitale importanza per tutti: la crescita del nostro Paese.

    W la Democrazia! W i Cittadini Italiani! W l’Italia intera!