• Un Miliband Segretario del PD

    Un Miliband Segretario del PD

    Virata a sinistra per i Labour. Da Brighton un messaggio importante alla sinistra europea. Miliband ha gettato nel cestino il New Labour di Tony Blair e ha costruito il One Nation Labour, con una visione politica non più tendente al centro, ma che vuole galvanizzare l’elettorato di sinistra. E in Italia?

    In Gran Bretagna sta succedendo qualcosa di importante, di significativo, che chiunque si candida a guidare il principale partito di centrosinistra, in Italia, deve tenere bene in mente: i Labour hanno virato a sinistra, dopo la parentesi del New Labour di Tony Blair che ammiccava al centro.

    Al timone del nuovo Partito Laburista inglese, dal 25 settembre 2010, c’è Ed Miliband, figlio di un ebreo di origine polacca, socialista, che ha sconfitto il fratello David alla corsa per la leadership del partito.

    Nel corso della Labour Conference 2013, tenutosi a Brighton lo scorso 24 settembre, il leader dei laburisti ha sterzato, con forza, verso sinistra, proponendo un programma elettorale, in vista della competizione per Downing Street del 2015, pressapoco composto da:

    1. congelamento per due anni delle bollette energetiche con un risparmio medio annuale per le famiglie di 300/400 sterline (ma per le imprese addirittura superiore);
    2. battaglia alle sei grandi company del settore energetico (responsabili, per i laburisti, del salasso) che si accolleranno il costo dell’operazione, 4 miliardi di sterline (e sono già sul piede di guerra);
    3. riduzione delle tasse per 1 milione e 800 mila piccoli commercianti, nessuna riduzione invece per le società di capitale e per le multinazionali;
    4. costruzione di 100 mila nuove case (con criteri rispettosi dell’ambiente) e confisca delle terre. I grandi proprietari saranno posti davanti alla scelta: o utilizzi i tuoi possedimenti o le amministrazioni locali potranno espropriare per fini sociali;
    5. taglio della spesa pubblica improduttiva ma più soldi alla sanità pubblica e alla educazione;
    6. diritto di voto ai sedicenni.

    Il New Labour, quindi, è finito. Ora, il One Nation Labour ha deciso che strada intraprendere nella politica inglese ed è forse un campanello d’allarme per tutti i partiti di centrosinistra europei, soprattutto italiani (soprattutto uno, molto impegnato per le diatribe interne tra ex-DC ed ex-PCI, ancora).

    Ma il progetto blairiano, in Italia, non è rimasto, solo, negli annali di storia, perchè qualcuno ne ha rispolverato gli intenti e gli obiettivi, qualcuno che ha deciso di candidarsi alla carica di Segretario nazionale del Partito Democratico con l’obiettivo di spostare il partito più al centro (più di quanto già lo sia, del resto, è tutto dire). Parlo di Renzi, ovviamente, e mi chiedo se Ed Miliband sia un passo avanti rispetto al Sindaco di Firenze, oppure, inevitabilmente, i destini di due partiti “apparentemente apparentati” sono diversi, completamente slegati l’un l’altro. Di risposte ne ho tante, ma confuse, come se mi sembrasse scontato il fatto che un partito di centrosinistra debba preferire curare e rafforzare il suo consenso nella parte più a sinistra dell’elettorato, prima di occuparsi dei “delusi”.

    Certo, apriti cielo: “ma se non intercettiamo gli scontenti del PdL, da dove li prendiamo noi i voti per vincere?”. Domanda posta e riproposta nell’esatto momento in cui qualcuno obietta, ma si lascia scoperto un tasto dolentissimo, difficile da nascondere ma malamente ignorato: con lo spostamento al centro del partito, perderemmo tutta la parte a sinistra dell’elettorato, gettandolo nello scompiglio di una continua proliferazione partitica (per ultimo il nuovo progetto politico di Landini, Rodotà e Zagrebelsky).

    Da Brighton arriva un messaggio chiaro: in tempi come questi, non si possono perdere i valori della sinistra, una sinistra che guarda agli ultimi, ai disoccupati, al sociale, con forza, decisione, determinazione. Ma quindi? Quale sarà il messaggio intercettato dal Partito Democratico? Sarà un New PD o un One Nation PD?
    Dipende da chi vince, ma dipende dalla nostra capacità di collocarci politicamente, regalando, finalmente, al PD, una chiarezza nelle idee e nella prospettiva da presentare al Paese. È poco? Io non credo.


  • Sul record di disoccupazione giovanile

    Sul record di disoccupazione giovanile

    Siamo al record storico (scontato, a mio avviso): la disoccupazione giovanile ha raggiunto il 40,1%, il livello più alto dall’inizio sia delle serie mensili (2004) sia trimestrali (1977).

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    fonte: ISTAT

    A dimostrarlo è l’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) nelle tabelle della sua ultima ricerca, con base Agosto 2013, dove La disoccupazione ad agosto sale al 12,2%, in rialzo di 0,1 punti percentuali su luglio e di 1,5 punti su base annua.

    Tra i 15 e i 24 anni le persone in cerca di lavoro, ovvero disoccupate, sono 667 mila, pari all’11,1% dei ragazzi nella stessa fascia d’età. E’ quanto emerge dai dati Istat per il mese di agosto (stime provvisorie e destagionalizzate).

    Il numero di disoccupati ad agosto torna a crescere, dopo due mesi di stop, raggiungendo quota 3 milioni 127 mila, in aumento dell’1,4% rispetto al mese precedente (+42 mila) e del 14,5% su base annua (+395 mila).

    Quasi un ragazzo su due non ha lavoro e questo è il risultato di una guerra che, ancora oggi, non ha deciso di cessare e che potrebbe regalare nuove e ulteriori vittime da aggiungere alla quota di cui sopra.

    Mai, come ora, le istituzioni dovrebbero incentivare l’impresa giovanile e l’occupazione di ragazzi tra under25. Un segno di rafforzamento dello stato sociale della popolazione e soprattutto di scelte politiche decise a voltare pagina.

    Sino a quando la disoccupazione aumenterà e dividerà le giovani generazioni a metà tra occupati e disoccupati – considerando, per altro, che gli indici statistici sono basati sugli elenchi di ragazzi under25 iscritti agli uffici di collocamento, quindi senza considerare tutti coloro che o stanno studiando, o non sono ancora iscritti agli uffici di collocamento – l’Italia non avrà mai una ripresa solida e la politica non potrà tirarsi fuori dalle sue responsabilità.

    Le startup sono la nuova frontiera dell’occupazione e l’ingegno e l’impegno, di moltissimi giovani, sta dando la dimostrazione della possibilità di riscatto di una generazione che non ha prospettive certe per il futuro, come i loro genitori. Ma smettiamola di dire che le giovani generazioni non hanno una prospettiva, a prescindere. Credo che le giovani generazioni siano incaricate dalla Storia di rimettere in piedi (da zero) un “Sistema Paese” in frantumi, in cocci, e di sparigliare qualsiasi tipo agente patogeno che farebbe ricadere l’Italia in un vuoto politico-sociale.

    In tutto questo, proprio oggi, come se non bastasse, è aumentata l’IVA e la benzina. Aumenta il costo della vita, diminuisce il valore della vita, che senza lavoro perde di dignità.


  • Domani aumenta l’IVA (e la benzina)

    Domani aumenta l’IVA (e la benzina)

    La tassa passa dal 21 al 22%, ma per i consumatori l’effetto sui carburanti sarà inferiore rispetto al ventilato aumento delle accise che avrebbe generato rincari di 2,5 cent. Intanto i prezzi medi praticati sono in calo

    Ultime 24 ore prima del nuovo rincaro dei carburanti. Per effetto del mancato slittamento dell’aumento dal 21 al 22% dell’aliquota ordinaria dell’Iva, infatti, il prezzo raccomandato della benzina salirà di circa 1,5 centesimi di euro/litro, quello del diesel di 1,4 ed il gpl di 0,7 centesimi. Anche se l’impatto sui prezzi praticati non dovrebbe essere immediato ma spalmarsi lungo la settimana in funzione della fisiologica rotazione delle scorte.

    In realtà – sottolinea Quotidiano Energia – si tratta quasi di un “vantaggio” per i consumatori visto che la bozza del decreto legge che avrebbe dovuto esaminare il cdm venerdì prima del precipitare della crisi di governo prevedeva, a copertura del rinvio, un rincaro delle accise sui carburanti di 2 centesimi al litro per tutto il 2013 e poi di 2,5 fino al 15 febbraio 2015.

    Intanto i prezzi praticati sul territorio sono ancora in calo generalizzato, per via delle numerose riduzioni di quelli raccomandati la scorsa settimana. Le medie nazionali della benzina e del diesel sono rispettivamente a 1,796 e 1,724 euro/litro (gpl a 0,813). Le “punte” in alcune aree sono per la “verde” fino a 1,844 euro/litro, il diesel a 1,751 e il gpl a 0,850.

    Fonte: LaRepubblica.it


  • Alfa e omega del Governo Letta

    Alfa e omega del Governo Letta

    Dai 101 che affossarono Prodi alla decadenza di Berlusconi. La breve vita del Governo Letta è il simbolo di una classe politica chiusa e affarista.

    Ho bisogno di sfogarmi, lo faccio qui, con la speranza di essere chiaro con quanto voglia dire.

    La situazione è incresciosa, lo sappiamo tutti e sappiamo anche che ora ci aspettano momenti molto più difficili di quelli fino ad ora prospettati.

    In tutto questo c’è dell’insulso gioco della politica, anzi, politichetta, quella politichetta che ha sempre portato avanti un certo gruppo dirigente e che oggi non ha la forza di assumersi le proprie responsabilità e di accettare che la legge sia uguale per tutti come, a mio avviso, non lo riesce ad accettare Berlusconi. Questo è il sunto delle motivazioni per cui il Governo Letta è caduto.

    Pensate sul serio che i ministri del PdL si siano dimessi per il rinvio del decreto che avrebbe permesso all’IVA di non aumentare? Suvvia, quando si fa parte di un governo si hanno tutte le carte in regola per poter condizionare i lavori del Consiglio dei Ministri, o comunque discuterne e trovare una soluzione condivisa.
    La vera motivazione, secondo me, pare più che scontata ed infatti lo è: B. non vuole decadere da senatore e per questo ha trovato la sua pezza a colori (IVA) e si è lanciato nell’ennesimo attacco terroristico al Governo Letta, prima ancora lo aveva fatto al Governo Monti.

    Ci stupiamo di questo? Spero di no, peccato però che c’è chi ancora continua a votarlo e mi chiedo se il voto sia ancora una “questione di testa”. Ma a questo quesito non risponderò, per il momento.

    Cerco, ricerco e credo che tutto questo (larghe intese, Governo Letta, oltre che alla rielezione di Napolitano e per ultimo l’aver dato ad un condannato la possibilità di decidere sulle sorti del Paese) sia da attribuire, in larga parte, ai famosi 101 parlamentari del PD che non hanno votato per l’elezione di Prodi a Presidente della Repubblica e che ha sancito il fallimento della politica parlamentare e soprattutto del centrosinistra.
    Se ad oggi i 101 non fossero mai esistiti, sono certo che ora avremmo ancora un Esecutivo e magari senza Alfano vice-Premier, e magari più di sinistra.

    Poi mi chiedo come non abbiano ragione gli elettori a dire che il PD se le cerca e che non riesce a non essere succube di logiche affaristiche di B. e di molti altri dirigenti (anche e soprattutto nostri).

    Ed ora? Cosa facciamo? Andiamo a votare con questa legge elettorale? Beh, certo, Grillo e Berlusconi vorrebbero, sapete perchè? Perchè i candidati del primo, con la preferenza personale per circoscrizione, andrebbero tutti ad affossarsi a confronto con altri candidati; il secondo perchè sa che i suoi candidati alla fine, tranne qualcuno, sono impresentabili e farebbero bene a non parlare e a farsi vedere il meno possibile sul territorio.

    Il Partito Democratico deve volere questa nuova legge elettorale, perchè sul territorio abbiamo delle sentinelle che devono essere valorizzate. Io li chiamo “soldati mandati al fronte” e sono tutti coloro che si impegnano nella propria città, nel proprio territorio e riescono a portare a casa dei risultati importanti. Invece poi, come ogni cosa, c’è qualcuno che per ragioni di sopravvivenza questa legge non la vogliono proprio vedere. Sempre all’interno del PD, sia chiaro. Rimaniamo nel pantano, a questo punto. No?

    Ecco perchè oggi sono incazzato. Scusate il francesismo.


  • “Sono tutti uguali”

    “Sono tutti uguali”

    Chi non l’ha mai sentito dire? Se solo non si pensasse in questo modo, l’Italia, ne sono certo, sarebbe tutta un’altra cosa.


  • Le hub della ricerca secondo Renzi

    Le hub della ricerca secondo Renzi

    Matteo Renzi, come ognuno di noi, dice cose condivisibili – vedi il rinnovamento del partito e della classe politica – e cose che lo sono meno, come la riformulazione del sistema universitario con la creazione di 5 hub di ricerca verso i quali far confluire tutti i finanziamenti pubblici per Università e Ricerca. È questo il vero problema delle università italiane?

    Non è la prima volta che ne parla, lo ha fatto in campagna elettorale e lo sta facendo tuttora, peccato però, e qui gli va dato atto, che in moltissimi danno risalto a quello che fa e come lo fa, anziché ai contenuti. Io cercherò di essere controcorrente.

    Alla trasmissione “Otto e Mezzo” (vedi video), il Sindaco di Firenze ha detto pressappoco così:

    “Ma come sarebbe bello se riuscissimo a fare cinque hub della ricerca, cosa vuol dire? Cinque realtà anziché avere tutte le università in mano ai baroni, tutte le università spezzettatine, dove c’è quello, il professore, poi c’ha la sede distaccata di trenta chilometri dove magari ci va l’amico a insegnare, cinque grandi centri universitari su cui investiamo..le sembra possibile che il primo ateneo che abbiamo in Italia nella classifica mondiale sia al centoottantatreesimo posto? Io vorrei che noi portassimo i primi cinque gruppi, poli di ricerca universitari nei vertici mondiali. Ecco, per fare queste cose qui non si deve parlare di Berlusconi”.

    Ora, mettiamo in chiaro che non sono a favore dell’università da asporto (sotto casa, per intenderci), ma qui si esagera e soprattutto Renzi ha toccato solo una parte dell’immenso problema universitario: i finanziamenti alla ricerca.

    I finanziamenti alla ricerca? Vitali, necessari. Tutto questo ovviamente se vogliamo mantenere le nostre università pubbliche e non vogliamo fare la fine della Grecia che chiude università importanti e strategiche per il paese (una tra tutte, quella di Atene) a causa della crisi economica e dell’austerity tanto amata dalla Troika e della Merkel (fresca fresca di rielezione). Ma dov’è il punto? Dove, a mio avviso, Renzi sbaglia? E dove generalizza, senza conoscere la realtà studentesca e universitaria? A parte il fatto che il sistema universitario non è fatto solo di fondi e sedi “spezzettatine”, ma di molto altro.

    Beh, innanzitutto, sbaglia nel volere creare 5 centri di ricerca e far confluire tutte lì le risorse economiche per la ricerca ed il sostegno alle attività didattiche universitarie, questo perchè l’obiettivo della sinistra – una sinistra europea e soprattutto progressista – deve essere quello di creare un sistema universitario parificato – cioè con offerte formative di uguale livello, più o meno e stesse possibilità per tutti gli studenti – e dove venga sviluppato un sistema di integrazione, supporto e crescita, frutto di una maggiore e più forte integrazione tra università e territorio, proprio perchè li atenei e i politecnici non sono affatto dei laureifici ma dei luoghi di sviluppo culturale, sociale e tecnologico. Tutto ciò che farebbe bene al territorio circostante. Poi se vogliamo parlare di finanziamenti pubblici alle università e alla ricerca rispetto al nostro PIL, l’Italia non ha nulla di cui vantarsi visto che siamo 32° su 37.

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    Coniugare, quindi, università e territorio e rafforzare le realtà più importanti in tutta Italia e non solo le 5 migliori.

    Vogliamo una società con più laureati o con meno laureati? Attualmente il nostro Paese non se la passa per niente bene, visto che siamo il fanalino di coda in Europa per numero di laureati (21% circa, contro il 35,7% della media Ue – dati Eurostat) e a questo punto la domanda sorge spontanea: con la creazione di 5 hub di ricerca e con la chiusura di tutte le altre università, un ragazzo o una ragazza, di un’altra parte d’Italia, che vogliono proseguire gli studi ma che si trovano nel limbo per quanto riguarda il Diritto allo Studio, perchè magari la loro famiglia ha un reddito che per poco non gli consente di accedere alla borsa e in più non riesce a mantenere le spese per mantenere una stanza da fuori sede, come fa a raggiungere e vivere nella città dove questa università è situata?

    Quindi il Diritto allo Studio: prima di parlare di hub di ricerca, preferirei (sono sicuro non solo io) sentire come e dove attingere risorse per il sostenimento e rafforzamento del sistema del Diritto allo Studio, così da garantire a tutti coloro che ritengano importante gli studi, di poter accedere alle nuove hub renziane, magari senza indebitare i propri genitori o senza dover rinunciare al proprio futuro, proprio Adesso!


  • Piacioni o creduloni?

    Piacioni o creduloni?

    Che poi, sfido chiunque a credere ancora alle parole di Silvio Berlusconi. Mi dispiace per tutti coloro che si fanno megafoni del messaggio di speranza e liberazione dalla persecuzione della magistratura comunista. Esprimo vicinanza a chi li sopporta.

    I falchi hanno deciso di far consegnare nelle mani dei capigruppo (i Renati, per intenderci), le dimissioni dei parlamentari del PdL, come si suol dire: una scelta venuta dal cuore, con spontaneità.

    A dar peso alle parole di B. sembra che l’Italia esista per dargli filo da torcere. Voglio immaginare di no, ma soprattutto voglio che tutto questo finisca.

    Silvio Berlusconi per 20 anni ha avuto la possibilità di fare quello che riteneva giusto per il Paese, fallendo miseramente e riducendosi ad un capitano Schettino dell’Italia. Le sue parole danno di sclerosi galoppante.

    I suoi parlamentari gli credono veramente? Spero di no, altrimenti dovrebbero credere anche a Babbo Natale, alla Befana, agli elefantini rosa ed agli asini volanti.

    Quanta poca dignità, vero? Pazienza, sarà una prerogativa per essere un “eletto”.


  • La crociata di Crocetta

    La crociata di Crocetta

    In vista della prossima Direzione Nazionale del Partito Democratico, fissata per questo venerdì, spero si parli anche del caso Sicilia, scoppiato in queste ore e che ha portato il principale partito della Coalizione di Rosario Crocetta a ritirare l’appoggio al Governatore. Le ragioni? A quanto pare, la Segreteria regionale del partito ha chiesto un numero maggiore di assessori democratici all’interno della giunta, ora ne ha 4 a cui, per altro, è stato chiesto di dimettersiper uscire dalla maggioranza dell’ex-sindaco di Gela. Ora, inutile soffermarsi sulle ragioni di tale richiesta, ma a me sembra che il Pd stia giocando con il fuoco e che sia giunto il momento di porre fine a tali idiozie. È forse questa la prioritá della politica e del Pd? Chiedere più poltrone? Chiediamoci, poi, come mai la gente non vuole ascoltarci o ascoltandoci ci bolla “come quegli altri”. Tutto sommato, se le cose stanno così, c’è da giustificare un sacco di bestemmie e rabbia. 20130924-114753.jpg Ma quando avremo intenzione di scendere dal piedistallo e renderci conto che la priorità assoluta è quella delle riforme e delle politiche per la gente, cercando soluzioni ai moltissimi problemi che attanagliano quotidianamente le famiglie italiane? Il Congresso del PD cosa sarà in realtà? Una resa dei conti? Un banchetto in cui spartirsi le vivande? Oppure un momento fi costruzione collettiva? Dove la partecipazione del popolo delle primarie non è solo uno slogan ma una filosofia di far politica? Dove il dibattito interno, che caratterizza il Partito Democratico (siamo l’unico partito a convocare assemblee e direzioni per ogni decisione di rilevante spessore politico. Poi per come vanno è un altro discorso), sia la chiave per essere l’alternativa ad un modello di partecipazione politica pressochè chiuso e irrisorio, se relazionato agli altri gruppi politici? Spero vivamente che il caso Sicilia rimanga caso Sicilia e che non si trasformi in una replica o, meglio, in un’anticipazione di quello che potrebbe accadere al PD. Per il resto, aspettiamo ancora la Direzione nazionale, con la speranza che si giunga ad un traguardo importante: l’inizio delle discussioni congressuali, per capire cosa ne sarà del Partito Democratico, di qui a non so quando.