Categoria: Politica


  • Ora basta!

    Documento politico dell’Esecutivo dei GIOVANI DEMOCRATICI DELLA PROVINCIA DI BARI.

    Pretendiamo rispetto. E se non lo riceviamo, ce lo prendiamo. Siamo Giovani sì, ma pure Democratici. Vogliamo, quindi, rispetto per il Partito Democratico. Per noi stessi.
    I recenti fatti che hanno unito politica e giustizia, dal livello nazionale a quello locale, hanno mostrato ancora una volta la difficoltà del nostro Partito a prendere coraggio nel dire che nel particolare momento storico che stiamo vivendo chi è anche solo accostato a un reato importante debba fare un passo indietro. Il principio di non colpevolezza sancito dalla Costituzione è un punto fondamentale di dignità di qualsiasi individuo, ma in un periodo di tale scollamento tra partiti politici e cittadini è necessario che chiunque, accusato, faccia un passo indietro per dimostrare la propria estraneità ai fatti ascritti, per poi tornare a rappresentarci più forte di prima.
    Per non subire ricatti politici, il Partito Democratico dev’essere in grado di fare a meno dei tanti, piccoli e grandi, conflitti di interessi di cui numerosi suoi iscritti, candidati o eletti si fanno portatori. Viviamo le elezioni a tutti i livelli come protagonisti da diversi anni e sappiamo riconoscere coloro che si candidano per portare il loro contributo di idee e proposte alla causa della pubblica amministrazione e chi, di contro, è solo un «reuccio» capace pure di portare vagonate di voti (a primarie o consultazioni politiche vere), ma privo di qualsiasi apporto positivo. La logica secondo cui tali soggetti siano irrinunciabili per il pacchetto di voti portato in dote alla propria candidatura ci sta stritolando, lasciandoci senza idee serie per migliorare il partito e spesso senza quei soggetti stessi, pronti ad abbandonare la nave se non ottengono immediatamente quanto richiesto. È per questo che vogliamo continuare a puntare sulla formazione, sulla preparazione e sull’esaltazione delle nostre professionalità e nuove idee: solo così potremo fare a meno delle incompetenze, delle “macchine da voti” e dei collusi. Pertanto è necessaria un’autentica “selezione all’ingresso” di candidati e rappresentanti, con interventi decisi, seri e puntuali della segreteria provinciale quando le sezioni si trasformano in “califfati”. Altrimenti dimostreremo sempre di non essere alternativi a un modello che ha portato il nostro Paese alla totale implosione.
    Siamo sempre stati leali nei confronti del Partito, cercando di incidere, senza metterci di traverso rispetto a scelte anche poco condivise. Lavando i panni sporchi in casa, insomma. Chiediamo un’inversione di tendenza notevole, adesso, in un momento così difficile per noi e per la politica. La conseguenza di una giovanile a muso duro rispetto alle mancanze dei propri omologhi adulti sarebbe un inequivocabile segno di spaccatura politica. Noi lo vogliamo evitare. Voi?


  • Vergogna!

    [da PlayReverse.org]

    Quello che è successo agli studenti disabili, per quanto riguarda i Giochi della Gioventù, del 20 marzo 2011, presso Nove (VI), è qualcosa di assolutamente orribile. Dopo la Riforma Gelmini che ha visto, inesorabilmente, molti docenti di sostegno lasciare il proprio posto, trascurando e allo stesso tempo lasciando scoperti ragazzi con differenti problematiche, è arrivato il momento dell’esclusione sociale di chi, purtroppo, non per sua volontà, ha un handicap. Il senso della civiltà e del comune sentire è ormai scomparso dai banchi di scuola e, la realtà lo conferma, tra noi studenti c’è sempre più disagio e/o indifferenza nei confronti di altri studenti meno fortunati di noi.

    Chiediamo al Ministro Gelmini di ritirare immediatamente il regolamento e di riformulare l’ordine di svolgimento dei Giochi, includendo gli studenti con handicap.

    I Giochi della Gioventù non sono una formale manifestazione sportiva, collegata alla scuola, ma un momento di socializzazione e di puro divertimento. Un momento che è di tutti, nessuno escluso. Lei Ministro non può vietare a bambini diversamente abili di non poter sviluppare atti di socializzazione e di integrazione con i propri compagni.

    RITIRI IMMEDIATAMENTE IL PROVVEDIMENTO!


  • Un grido di rabbia

    Non ho mai utilizzato il mio blog per esprimere pareri sulla vita delle persone, ma forse, dopo lunghi periodi di sofferenza interna, di inevitabile dolore, dovuto ad un senso di smarrimento e di desolazione che il mondo intorno a me trasmette al mio cervello, ritengo sia arrivato il momento di alzare la voce, oltre che la testa. Vorrei fare delle piccole riflessioni sul senso di civiltà, un senso che ormai molti hanno perso, o forse credono di avere, sbagliando ovviamente. In questo mio post, potrò sembrare piuttosto confusionario, forse troppo generico, ma è ciò che mi frulla nella testa in questo momento.

    Da tutto ciò che faccio, dico e penso, non so se posso ritenermi un “politico”, forse perchè a vivere in Italia, al termine politico viene associata la figura del ladro e del doppio giochista, non hanno tutti i torti coloro che fanno questo tipo di discorso. Mi basta pensarmi un semplice studente che, razionalizzando la sua vita, riesce ad occuparsi di un compito di tutti, ma che pochi sviluppano: migliorare la cosa pubblica. Cavolo! Vorrei poter parlare di politica senza essere preso in giro, in questo Paese. Vorrei potermi definire un politico, di quelli veri, di quelli normali.

    Tralasciando le leggi della fisica, una cosa è certa: le merde galleggiano sempre. Il mondo è una grande vasca, piena di squali e di meduse. Se non sei merda non galleggi, almeno è questo quello che ci vogliono far credere, è questo ciò che noi stiamo contribuendo a far crescere. Siamo giunti ad un sentiero tortuoso di sentimenti e di frenetica voglia di contrasto con il nostro vicino. Non abbiamo più la voglia di creare una società comune, pensiamo che il giusto sia prevaricare sugli altri, assoggettare il comune sentire, in base ad una propria visione delle cose. Quanti orrori commettiamo ogni giorno, tantissimi.

    Si pretende il rispetto, giusto o sbagliato che sia, ma il rispetto rende l’uomo sicuro di se. Si pretende che le persone si scusino e/o ammettano di aver sbagliato e di aver fatto un buco nell’acqua, ma non siamo mai stati così ipocriti, come in questo caso. Pretendiamo dagli altri ciò che noi non faremmo mai: chiedere scusa e magari, ammettere di aver sbagliato anche quando nessuno se n’è accorto. Che cosa orribilante.

    La critica. Che grande argomento. Il saper criticare è l’arte innata dell’uomo. Siamo nati con il forcone in mano, peccato che sul bastone non ci siano spine, sarebbe stato molto più interessante. Critichiamo chi sentiamo essere inferiore a noi. Che grande idiozia. Nessuno sa che l’inferiorità non esiste, o forse a saperlo sono davvero in pochi. Nessuno comprende quel senso di collocamento sociale delle persone: nella vita ognuno fa un mestiere diverso, ognuno fa il mestiere che più gli piace o che gli riesce meglio. Proprio da questa caratteristica, dobbiamo riconoscere una particolarità: il mondo è una bicicletta a tanti pedali, tutti diversi tra loro: non possiamo pretendere di saperli far muovere. Ogni uomo ha il suo pedale, ogni uomo sa far girare uno meglio dell’altro. L’autostrada prima o poi finisce. Prima o poi usciremo da una strada comune, che tanto ci ha fatto sentire stretti. Prima o poi ognuno imboccherà una strada secondaria che lo porterà a destinazione: il proprio futuro e la propria realizzazione. La critica su una determinata questione è inesistente e il criticato non dovrebbe nemmeno sentirla, perchè il criticante è al 101% criticabile per un’altra questione, nei peggiori dei casi, sulla stessa su cui siamo stati attaccati.

    Nel mondo moderno, siamo giunti ad avere la faccia tosta di pretendere il cambiamento. Che bello. Finalmente. Un po’ di normalità. Peccato però che, una buona parte delle volte, si pretende il cambiamento, ma un cambiamento preteso dagli altri, con il beffardo volto di chi, senza se e senza ma, si reputa una persona degna di nota, per la sua originalità e perfezione sociale. Prima di pretendere il cambiamento dai potenti, pretendiamo il cambiamento da noi stessi, da chi ogni giorno vive la sua vita per le strade di una città, di un paese, per le aule di una scuola, di un’università, negli ospedali e negli uffici. Pretendiamo il cambiamento da noi, cittadini comuni, da noi Popolo.

    Altro cancro della società è l’invidia. Il verde è il colore più diffuso tra i giovani, e non tanto meno tra i meno giovani. Persino l’apertura di un blog, come questo, può causare invidia e ricerche di scuse e di descrizioni inverosimili, pur di screditare un progetto, secondo me bellissimo. Come può non essere bello il potersi confrontare con gli altri? Io non lo so e ne tanto meno voglio saperlo.

    Vogliamo parlare della scuola? Ma non della scuola come ordinamento, ma qualcosa oltre l’aspetto giuridico e sociale. Per molti la scuola è sinonimo di numeri, voti, giudizi. Questa riforma non fa nulla per evitare questo accatastamento. Senza una sensibilizzazione nel utilizzare e nel avviare nuovi modi di apprendimento, la scuola risulterà essere un luogo dove andare, farsi interrogare e prendere un numero. Auguri a chi prende 10, ma un consiglio vivissimo: non credo che fuori, nella società, ciò che conta siano i voti smaglianti. Per poter andare avanti in un Paese come questo, in una società come quella attuale, serve solo una cosa: camminare con le spalle al muro.

    Ora scusatemi ma vado a pedalare. Non ci sono per nessuno, almeno che non decidiate di salire in corsa e di muovere il proprio pedale, senza puntare il dito.


  • TeleDestructionVision

    Più passa il tempo e più mi rendo conto dell’ingente danno che l’ozio sta recando all’intera umanità. L’uomo (in senso generico, chiamatelo anche “essere umano”) quando decide di comprare casa e progetta la logistica, la prima cosa a cui pensa è il divano. Si proprio il divano. Il dolce sofà è sinonimo di informazione, nel nostro Paese. Peccato però, che di fronte ad esso ci sia il maledettissimo schermo televisivo.

    Un insieme di insignificanti gestori dell’audience hanno scavalcato il senso del pudore e si sono impregnati di una vergogna assordante, capace di gettare fango su tutto, anche sull’intoccabile sacralità di una vita perduta o di una forte sofferenza provocata dalla perdita del lavoro.

    Ecco cosa è la televisione oggi. Ecco cosa mi spinge a dover scrivere, ogni tanto, un articolo su questo immenso orrore. Parlo di TV e, senza nessun giro di parole, mi viene in mente la storia di Sara Scazzi, di Yara Gambirasio e delle due gemelline scomparse. Quanto fango è stato gettato sui loro volti e quanto ancora ne verrà versato? Tanto.

    Ciò che rinvigorisce la televisione è senza dubbio la pigrizia, l’ozio, come già citato prima. Il non voler leggere, il non voler comprare un giornale, comporta solo una demolizione dell’autosufficienza, della capacità di poter attingere informazioni da diverse fonti, libere e senza una pressione da parte di ambienti politici e sociali. Esempio ne è un blog, un sito di informazione o una webTV (da non confondere con lo streaming dei programmi tv tradizionali).

    Noi dobbiamo riprendere a leggere, ad essere autonomi e vispi sul piano culturale e di ricerca del vero. Se riusciremo nel nostro intento, non ho dubbi sul poter parlare e discutere di vero cambiamento.


  • La maschera rosa

    Il Governo ha fatto dietro front sulle quote rosa: dal 2015 nei CdA delle aziende quotata in Borsa, sarà obbligatorio avere il 30% di consiglieri con la gonna. Un profondo senso di smarrimento civile, purtroppo, è nascosto in questo provvedimento.

    L’ipocrisia dei legislatori e questa onda rosa, molto positiva ed indispensabile per il nostro Paese, ha dato vita ad un figlio malsano, ad un melmoso modo di mettere a tacere chi, giustamente, pretende rispetto e parità: le donne.

    Credo che la risoluzione alla sottomissione di genere, sia un’altra. Penso che non è con una leggina che, finalmente, il sesso femminile potrà ricevere il giusto merito e il sudato rispetto nella società. Non credo sia un “obbligo” a dare soddisfazione, non credo sia un necessario 30% di quota rosa nei CdA a ridare dignità alle donne.

    Per me, questo provvedimento legislativo lesiona ancora di più un pezzo di società già allo sbaraglio. L’intendere le donne dei panda, una specie in via d’estinzione, significa solo arrivare a decisioni come queste.

    Evitare il disfacimento della parità, del sentirsi uguale a chi, per ragioni naturali, di nascita, si è ritrovato ad aver a che fare con l’andropausa, anzichè con la menopausa, non significa trascinare una sorta di commozione e di solidarietà nei confronti del sesso gentile, ma cambiare.

    Il cambiamento porta ad un voltar pagina, a scrivere nuove righe di rispetto reciproco e di giustizia sociale. Il cambiamento, comporterebbe a definire i principi sociali del nostro Paese, con una marcia in più. La più grande delle sfide che credo dobbiamo porci è una soltanto: far capire alla società, ma soprattutto alle nuove generazioni, che il rispetto della donna non deve essere un’imposizione, ma una necessità e una sensazione interiore, figlia di un’educazione laica ma aperta ai principi umani.

    Io rispetto la donna perchè sento la necessità e la voglia di rispettarla e non per un’imposizione della società. Se fossi un dirigente d’azienda, sceglierei le donne per il loro carattere, determinazione e soprattutto per le loro capacità, pur comportando ad avere una presenza del 20%, 10% oppure del 70% di donne all’interno del CdA. Questa è giustizia sociale. Questa è la vera parità di genere. Secondo me.


  • L’esempio “Italia”

    Ho avuto modo di parlare con una ragazza canadese, per quanto il mio inglese mi abbia permesso di farlo, e sono venuto a conoscenza degli argomenti che trattano nella loro scuola, di ciò che si discute in una scuola americana: in un Paese dove la democrazia è all’ordine del giorno, si studia un altro Paese dove la democrazia è un sogno e il buon gusto è precario quanto lo sono milioni di lavoratori. Prossimo compito in classe? “Confronta il Governo Canadese da quello Italiano e spiega, secondo te, perchè Berlusconi è libero di fare tutto quello che vuole”. Penso che le parole della traccia lasciano poco spazio ai commenti. Lo dicevano i padri della Filosofia Occidentale, come Aristotele: “l’uomo è un animale politico” e possiamo dire che l’uomo cerca di rinunciare alla sofferenza della solitudine, attraverso la creazione e lo sviluppo strutturale della società. Ma se la società perde il suo fine principale, che senso ha la sua esistenza? Ma l’ipocrisia, mista alla follia che sta portando il Premier ha lasciare dichiarazioni e a sbandierare sentimenti obliqui su un modo di essere, un punto di vista o nelle peggiori delle volte starnazzando attacchi contro gli omosessuali e la scuola pubblica del Paese di cui si è Presidente del Consiglio. Ma la domanda da un milione di dollari è proprio questa: è mai possibile che alla vista di un panorama completamente compatto contro provvedimenti e modi di riformulazione dell’ordinamento statale, marcate da un colore politico, quello della maggioranza, uno non pensi che di sbagliato c’è solo lui?

    In questi giorni pare che il PDL abbia ormai deciso la sua linea politica: bombardamento ad oltranza con provvedimenti scandalo e proposte schifo, pur di salvare B. dalla legge, quella legge che se vede un “comunista” come protagonista, diventa il pilastro centrale dello Stato di Diritto sognato dal centro-destra berlusconiano. Quanto continuerà ancora questa farsa? Quanto saremo ancora costretti a distogliere gli occhi dai problemi del Paese, tipo la disoccupazione giovanile che continua a crescere, e pensare alle parole di Berlusconi, del Presidente del Consiglio, del nostro rappresentante ufficiale (purtroppo) all’estero? Vorrei che nelle Università si parlasse di ricerca e di sviluppo, di progetti sulla crescita in campo tecnologico, sociale, politico, culturale, economico, giuridico e non dover vedere gli universitari, ogni giorno, tramortiti nel vedere il proprio futuro spazzato via e di essere considerati dei vasi vuoti in cui inculcare pensieri e nessi logici, frutto di un elaborato modo di comprendere la crescita inviduale da parte delle vecchie generazioni, vecchie e marcie generazioni.

    Puntiamo al cambiamento. Se è l’aria frizzante del Mediterraneo ad essere portatore di democrazia, allora respiriamola e nelle nostre menti avviamo la rivoluzione più piccola del mondo ma con un’importanza così grande, da essere l’artefice di un nuovo passo.

    W l’Italia.


  • In principio fu la fiducia

    La società è come una casa. Nelle fondamenta troviamo le leggi e ad innalzare le mura troviamo squadre di uomini e donne, queste squadre si chiamano partiti e hanno tutti un loro modo di costruire. C’è chi ruba un mattone, chi scaglia un pezzo in testa ad un altro, chi si rifiuta di sporcarsi le mani e lascia agli altri il lavoro sporco, chi vorrebbe costruire con un metodo condiviso da tutte le squadre. I mattoni sono i provvedimenti, le riforme, i progetti per una casa migliore, ma ciò che manca è il cemento. Il cemento deve necessariamente essere raffigurato dalla fiducia e dalla partecipazione attiva della cittadinanza alla vita politica e amministrativa del proprio Paese, partendo dai comuni, fino ad arrivare al governo centrale.

    Oggi faccio una proposta a tutti voi: una domenica di marzo, con i vostri amici più fidati, i vostri amici di partito, della vostra associazione, o con semplice organizzazione collettiva, prendete un tavolino, due sedie, in una vi sedete voi, nell’altra attendete che il cittadino in difficoltà venga da voi e vi spieghi le sue difficoltà quotidiane che è costretto a vivere a causa della non curanza da parte dell’amministrazione comunale. Alla fine della raccolta dati, del mettere insieme le notizie e le lamentele dei cittadini che, sicuramente, con grande interesse, si sono avvicinati a voi, unica fonte di risposte e di sana politica, stilate un documento politico da consegnare alla vostra amministrazione comunale.

    Ora, il progetto consiste nel non essere schierati, necessariamente, con un partito o un movimento politico, ma basta semplicemente essere organizzati e volenterosi, il resto vien da se.

    Siamo la fonte del cambiamento, non lasciamoci prendere da logiche di partito ormai morte, ma soprattutto non facciamoci attaccare dal morbo dell’immobilità culturale, sociale e politica, malattia che, purtroppo, ha infetto ormai molti giovani.

    Trovate il regolamento e degli aiuti (anche del materiale) per l’organizzazione dell’azione di pura cittadinanza attiva, qui.


  • Parla con me

    La svolta è nel senso civico. I partiti hanno perso il vero senso della politica. Al tempo dei nostri padri costituenti non si è mai pensato ad una situazione di questo genere. La casta si ingrandisce ogni giorno di più. A fare la differenza sono solo i comuni cittadini, mentre i finti eletti parlano di immunità e di leggi ad personam, mentre il Paese è allo scatafascio. La prossima invenzione del Parlamento sarà costituire una Commissione Affari Berlusconiani, presidente: On. Cicchitto. Una volta, la “gerarchia” del potere era basata su un principio di rappresentanza: il politico partiva dall’amministrazione locale, passando per quella provinciale e/o regionale, per poi passare al Parlamento, sempre se fosse riuscito a far valere i proprio ideali e si fosse dimostrato un politico capace di saper gestire gli interessi del territorio. Le liste per le politiche, come ben noto, sono a livello regionale, i coordinatori regionali, in accordo con la direzione nazionale del partito, “scelgono” i propri candidati. Una vergogna, perchè vedere politici “odiati” dalla base del proprio partito, essere tra i primi nella lista, mi fa vomitare. Se ci fosse una legge elettorale diversa, a quest’ora non ci sarebbero il 75% delle persone che oggi compongono il Parlamento.

    La politica nel locale sta perdendo significato. Gli amministratori perdono tempo nel spartirsi le poltrone, nel capire se è meglio una pista ciclabile rossa o gialla, rimpasti mensili della giunta, insomma, i Comuni hanno perso la bussola. Non tutti, purtroppo c’è da dire questo: la destra, nelle amministrazioni comunali, non riesce a guadagnare quella marcia in più, quel mattone in più fondamentale, capace di poter sbloccare la macchina amministrativa e avviare la risoluzione dei problemi.

    Ho assistito al Consiglio Comunale del mio paese, non ho mai visto una cosa del genere: 3/4 d’ora a discutere se era giusto avere 10 minuti di sospensione del Consiglio oppure no e poi, come se non bastasse, vedere consiglieri comunali che giravano per la sala consiliare o parlavano al telefono, lasciandolo prima squillare per un bel po’.

    Ecco perchè nasce “Parla con me”. Significa dare un senso alle nostre idee e ai nostri principi. Se tutto ciò che facciamo rispecchia il nostro essere e se siamo quello che diciamo di voler essere, allora non possiamo rimanere con le mani in mano.

    Scendiamo in piazza, prendiamo un gazebo, un tavolino e delle sedie e aspettiamo, aspettiamo che i cittadini sentano la voglia di parlare dei loro problemi, di segnalarci che sotto casa loro c’è qualcosa che non va. La politica non va dai cittadini? Nessun problema, saranno i cittadini ad andare dalla politica. Alla fine della giornata, che può anche ripetersi più di una volta, con tutti i dati raccolti, tutte le segnalazioni saranno parte principale del report che verrà preparato e consegnato all’amministrazione comunale delle propria città.

    Questa è una sfida, fatta da cittadini ai cittadini. Riprendiamoci il ruolo da protagonisti, facciamolo subito.