• Rieccoci, finalmente!

    Rieccoci, finalmente!

    Oggi sono a Napoli, per il primo incontro nazionale dei Giovani Democratici.
    Che bello ritrovarsi dopo tutto questo tempo. Il COVID ci ha impedito di rivederci di persona. Oggi, quella condizione è definitivamente caduta.
    La nave dei GD ha navigato in acque agitate, negli ultimi 2 anni ed oggi siamo arrivati in un porto che non può dirsi sicuro se non in presenza dell’impegno di tutti.
    Da oggi, quell’impegno conta e ognuno di noi sarà fondamentale.

    Da ultimo, ma non certo per importanza, un grazie di cuore a chi ci sta ospitando: i Giovani Democratici. A loro e ad Ilaria Esposito e Francesco Yuri Forte il nostro grazie. A Caterina Cerroni e Raffaele Marras l’augurio di buon lavoro.


  • E la prima è andata!

    E la prima è andata!

    Foto di me con il cerotto non ne ho. Avrei voluto tanto scattare una foto a chi mi ha somministrato il vaccino, per immortalare il volto di chi mi ha permesso di uscire dall’incubo del COVID. Non l’ho fatto, ovviamente, per motivi che potete immaginare.
    Ma voglio ringraziare di cuore il personale dello Spallanzani: di una professionalità e gentilezza che avevo dimenticato esistessero.

    La prima dose è stata un’emozione forte.
    Lo è stata ancora di più, per me, perché l’ho ricevuta nel luogo dove l’incubo ebbe inizio – con il ricovero dei primi due pazienti a fine 2019 – e dove iniziò la sua fine – grazie al grande lavoro delle ricercatrici e ricercatori.

    Grazie ai medici e infermieri dello Spallanzani e grazie alla Regione Lazio per l’impeccabile organizzazione.

    Alla seconda dose! ?


  • FAUNA Vol. 2

    FAUNA Vol. 2

    Ho iniziato a collaborare con un nuovo progetto editoriale. Si chiama FAUNA ed è una creatura di RAW festival, un incubatore culturale.

    Qui lo potete sfogliare, accarezzare con gli occhi e, se volete, potete anche leggere il mio contributo (pag. 62 del magazine).

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  • Più vaccini e più selfie

    Più vaccini e più selfie

    Li capisco quelli che si fanno i selfie dopo aver fatto il vaccino. Ancor di più, li capisco dopo oggi, giorno in cui – dopo alcune necessarie procedure burocratiche – sono riuscito a prenotare il vaccino anche io (lo farò a Roma, allo Spallanzani, luogo simbolo della lotta al Covid-19, dove la battaglia contro questo virus ebbe inizio, grazie ai suoi valorosi ricercatori e medici).

    Da quando ormai avere uno smartphone in tasca è cosa di tutti (o quasi), il selfie è un’azione tanto quotidiana quanto spontanea, soprattutto nei momenti di felicità, in cui siamo con persone a cui vogliamo bene o quando stiamo bene noi, a prescindere da chi ci circonda. Ecco, allora perché non farci un selfie mentre ci somministrano il vaccino, momento così importante per riprendere in mano la nostra vita? E, soprattutto, perché non possiamo immortalare un momento che ci rende davvero felici?

    Scettici e brontoloni a parte, per tutti coloro che hanno deciso di vaccinarsi – soprattutto per le ragazze e i ragazzi che hanno affollato gli HUB – ricevere una dosa di vaccino anti-Covid significa dare un calcio in culo al ricordo terribile dell’ultimo anno e mezzo. Ma allora, perché non immortalarlo?

    Ecco, forse per la prima volta, i social network ci permettono di amplificare un nostro grido di felicità: finalmente ci siamo! Ce l’abbiamo fatta! L’incubo sta finendo! Viva la scienza, il progresso tecnico-scientifico e tutti coloro che hanno permesso, in così breve tempo, di ottenere dei vaccini efficaci contro un nemico che non dimenticheremo mai!

    Senza dimenticare, infine, che viviamo in un Paese libero, dove ognuno può fare quel che vuole: farsi un selfie dopo il vaccino; non farselo; o scriverne a riguardo un post sul blog.

    In ogni caso, vacciniamoci e siamo felici per questo.


  • Ithaka.S01E06 – Tra Spagna e Successioni

    Ithaka.S01E06 – Tra Spagna e Successioni

    A Ceuta va in scena l’ennesimo naufragio e il suo simbolo è un piccolo neonato (salvo!) con il cappellino bianco. In Italia, invece, il Segretario del PD Enrico Letta fa una proposta di sinistra: tassare le maxi-successioni dal valore superiore ai 5 milioni di euro. Cosa sta succedendo e perché proprio un caos infernale, dopo la proposta di Letta?

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  • Biglietto a/r per gli Stati Uniti, con Francesco Costa e il suo “Questa è l’America”

    Biglietto a/r per gli Stati Uniti, con Francesco Costa e il suo “Questa è l’America”

    Se il vostro desiderio è di leggere un saggio che vi spieghi e faccia luce sulle dinamiche statunitensi in modo freddo, distante (direi da osservatore di terza fila), quasi asettico, beh…lasciate perdere “Questa è l’America“. In questo libro, Francesco Costa, giornalista e vice direttore de Il Post, fa molto altro: vi porta nell’America più profonda, lontana dai mass media e dai racconti che spesso vediamo rimbalzare sui social. E lo fa egregiamente.

    Seguo Francesco da molto tempo e ho anche avuto l’onore di intervistarlo (insieme al mio socio William, al secolo Gugliemo Currao) nel mio programma radiofonico, il “Dave & William Show” su Radio Kaos Italy, qualche giorno dopo l’Election Day delle Elezioni americane. La sensazione che ho avuto, nel leggere il suo libro, è stata un po’ la stessa che ho provato (e provo tutt’ora) quando leggo la sua newsletter o ascolto il suo podcast “Da Costa a Costa“: è come essere seduto ad un tavolino di un bar, con una persona interessante che ti dona una conoscenza che va ben oltre il mainstream. E così, come succede dopo aver letto o ascoltato i suoi ultimi aggiornamenti sugli Stati Uniti nell’era (ormai quasi terminata, grazie al cielo!) di Trump, allo stesso modo, dopo aver divorato “Questa è l’America” mi sono sentito più ricco. E, personalmente, non è una cosa scontata, soprattutto in fatto di libri.

    La sensazione di trovarsi davanti ad un narratore diverso dal solito emerge sin dalla prima pagina. Quanti avranno cominciato a leggerlo pensando di vedere, tra le prime righe, il nome di Trump, di Biden, o forse di Obama o di qualche altro politico o personaggio blasonato? Invece parte da una ferita enorme, nascosta agli occhi di noi, donne e uomini distanti da quel mondo così complesso quale sono gli Stati Uniti d’America: la dipendenza da oppiacei e il terribile impatto sociale che l’abuso di antidolorifici ha sulla popolazione americana.

    Un anno e mezzo prima di morire nel bagno di un aeroporto, la ventiduenne Saige Earley era andata dal dentista per un’incombenza tanto banale quanto fastidiosa: l’estrazione dei denti del giudizio.

    Inizia così l’avvenutura nell’America raccontata da Francesco Costa e il seguito è caratterizzato da un climax ascendente che tocca le corde dei lettori più sensibili. Un’America piegata in due dalla frenesia capitalista e dalle sempre più ampie divergenze sociali, ampie quasi quanto le strade che dividono i quartieri periferici da quelli del centro, le classi più agiate da quelle meno abbienti. È un’America diversa da quella che siamo abituati a vedere nei film di Hollywood. Ad esempio, sapevate che il paradigma periferie-centro è diverso da quello che siamo abituati a vivere nelle nostre città? Nelle città statunitensi, chi vive in centro, generalmente, non se la passa tanto bene quanto coloro che vivono nelle periferie, magari in villette a schiera (come quelle di Edward mani di forbice, di Ritorno al Futuro 2 o di Mamma ho perso l’aereo, per intenderci. Eh sì, lo so che vi ho citato dei film, ma esempi migliori non c’erano).

    Francesco Costa il suo viaggio lo porta anche tra i meandri del fanatismo religioso americano: la storia della setta dei “davidiani” di Waco (Texas) e del suo leader David Koresh. Esperienza finita con quello che fu un vero e proprio massacro, con 76 morti, durante l’assedio dell’FBI, durato 50 giorni.

    Ma la Storia degli USA e le sue radici nella guerra civile non restano fuori dal quadro realizzato dall’autore. Il discorso di Gettysburg di Abraham Lyncoln – 16° presidente degli Stati Uniti e personaggio ormai asceso nella mitologia americana – portano il lettore ad analizzare l’altro tema così profondo e complesso dell’America moderna: il razzismo e lo scontro sociale, ancora forte, tra i vari gruppi sociali che compongono la popolazione statunitense. I bianchi sono destinati a diventare una fetta minoritaria dei cittadini americani, mentre gli afro-americani, gli ispanico-americani e gli altri gruppi comporranno la maggioranza di un Paese tanto grande quanto sottopopolato. Eppure gli squilibri sono ancora forti e i bianchi (quelli razzisti, non tutti eh!) reagiscono come possono. Anche eleggendo un presidente fortemente divisivo e che non lesina uscite offensive nei confronti di diversi gruppi di cittadini statunitensi.

    Insomma, il libro di Francesco Costa va letto se volete viaggiare, comodamente seduti sul vostro divano, negli Stati Uniti del XXI Secolo. Perché è davvero un viaggio: l’autore ha raccontato ciò che ha visto con i propri occhi e ascoltato con le proprie orecchie. E l’invito è di leggerlo con la stessa calma e chiarezza con cui lo stesso Francesco racconta l’America nel suo “Da Costa a Costa”.

    Una volta terminato, il background acquisito vi porterà a porvi qualche domanda in più, davanti ad una notizia proveniente dall’America che da Obama è passata a Trump ed ora a Biden.

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  • Sic transit gloria congressi

    Sic transit gloria congressi

    Non è la prima volta che parlo, sul blog, del Congresso dei Giovani Democratici, l’organizzazione giovanile del Partito Democratico. Chi segue quello che scrivo sa che ad inizio anno avevamo avviato il III Congresso nazionale che avrebbe portato, di lì alla prima metà del 2020, al rinnovamento di tutte le cariche politiche, dai circoli al nazionale. Poco dopo, la catastrofe del Covid-19 e il tanto obbligato quanto necessario arresto delle operazioni congressuali, in linea con le disposizioni delle Autorità competenti.

    Passata la tempesta della pandemia – che di certo non ha risparmiato nessuno in termini di tensione, fatica e difficoltà di ogni tipo – eccoci con il desiderato tentativo di recuperare la normalità che avevamo lasciato fuori dalle nostre case, durante la quarantena. Qualcuno, però, ha pensato bene che la normalità dovesse coincidere con l’ansante tentativo di tutelare gli interessi di una piccola parte e che le esigenze di un’intera comunità politica fossero meno importanti di quella di assicurare un posto al sole a chi, in questi anni, ha sempre riflesso di luce non propria. Parlo di coloro che sono seduti comodamente negli uffici di partito, nelle segreterie di qualche istituzione locale o nelle stanze dello staff di presidenti, onorevoli, assessori e ministri. Parlo di coloro che in questi anni hanno dimostrato di non sapere assolutamente cosa significasse guidare una comunità politica. Gli stessi che hanno preso in faccia la porta girevole della Storia, incapaci di conoscerne il meccanismo anche dopo anni da uscieri. Insomma, la solita vecchia trama che tanto ci indigna quando ha come protagonisti gli altri, ma che diventa parte del nostro agire quotidiano quando fa il pari con qualche interesse da dover tutelare. Soprattutto se il nostro.

    Sia inteso, “nostro” è un plurale utilizzato ai fini del racconto. Ripudio tale metodo e di certo non ne ho mai accarezzato neanche l’idea di servirmene.

    Per rendere più chiara e definita la vicenda di cui vi parlo, tenete presente questo piccolo particolare: l’emergenza non è ancora finita e alcuni territori sono ancora circondati da grandi incertezze e necessità che vanno ben oltre quelle di un congresso politico. Ovviamente, queste rientrerebbero in quelle “esigenze di un’intera comunità” di cui parlavo poc’anzi e che di certo non sono state prese in considerazione dall’attuale dirigenza del Partito Democratico che, invadendo il campo come uno scellerato durante una partita di calcio con la maglia “guarda mamma sono in TV”, sguinzagliando qualche segugio ha pensato bene di rendere il III Congresso nazionale dei Giovani Democratici una mera formalità, svilendo non solo l’essenza politica dello stesso, ma contraddicendo le teorie che la medesima dirigenza del Partito Democratico ha utilizzato come testa d’ariete fino a qualche tempo fa, volendo puntare tutto sulle idee e sui programmi. Ve lo ricordate il “Congresso delle idee” tanto voluto da Zingaretti? Ecco, il segretario qualche mese fa, nel lanciare ufficialmente l’iniziativa del congresso straordinario, esordiva con queste parole:

    Ci serve un partito plurale, ricco di aree di pensiero, solidale, che dia valore e dignità agli iscritti, che li renda protagonisti dei processi decisionali. È un processo che deve fare dei passi avanti. Anche questo nuovo partito non può bastare. Il Pd deve avere una vocazione maggioritaria e indicare una direzione, senza avere una tendenza onnivora, cannibalizzando gli altri.

    Che dia valore e dignità agli iscritti. Valore. Dignità. Agli iscritti. Per non parlare del tanto teorizzato obiettivo di renderli “protagonisti dei processi decisionali“. Ecco, io sono d’accordo con Nicola Zingaretti. Ecco perché l’ho sostenuto fermamente durante l’ultimo congresso del PD ed ecco perché sono convinto che lo stesso ascolterà quello che io oggi qui riporto ma che è la sintesi della sintesi della voce di tutti coloro che, invece, nei Giovani Democratici ci credono e che nel Congresso in corso puntano per ridare dignità e valore alla propria Comunità, tanto da riportare i GD ad essere protagonisti dei processi decisionali.

    Ma come possono i Giovani Democratici tornare protagonisti se costretti a celebrare i propri congressi in due settimane (entro la prima settimana di agosto), senza discussioni, con l’affanno di finire tutto in tempo e pregando che qualcuno sia ancora in città e che non sia – legittimamente – andato in vacanza, dopo un anno così duro? Come è possibile che, ancora oggi, circolino telefonate e missive che abbiano il solo obiettivo di vituperare i Giovani Democratici, impedendone il regolare processo democratico di selezione del proprio gruppo dirigente? Come è possibile che, nel 2020, una donna come Caterina Cerroni, che è storia umana nella storia della nostra comunità politica, debba fronteggiare ostacoli di questo tipo che le impediscano di raccogliere il consenso grandissimo che proviene da tutti i territori del Paese? Perché, ancora oggi, ciò accade? Perché nella nostra Comunità? Perché nei GD? Perché nel PD?

    Ecco, caro Segretario, faccia solo una cosa: chiami chi deve chiamare e fermi chi ha deciso di occuparsi dei GD piuttosto che dei problemi del Paese, della propria regione o, molto più semplicemente, che ha smesso di occuparsi di ciò per cui viene pagato per intromettersi nella vita della più grande giovanile politica del Paese con il solo obiettivo di distruggerla, impedendo che si autodetermini e che scelga liberamente chi dovrà guidarla per i prossimi anni.

    Lo faccia, caro Segretario, altrimenti non potremo osteggiare il diffondersi dell’idea che, in un momento delicato ed importante per la Storia del PD e del Paese, qualcuno abbia deciso di distruggere un patrimonio inestimabile: la propria organizzazione giovanile.
    Sono convinto che, sul considerarla un patrimonio inestimabile, saranno d’accordo anche i Ministri, i Sottosegretari, gli Onorevoli e Senatori, gli Assessori e i Sindaci del Partito Democratico che dall’organizzazione giovanile hanno iniziato il loro percorso politico. Senza dimenticare che lei stesso proviene da questo mondo, avendo militato e guidato la Sinistra Giovanile. Sono certo che il Nicola Zingaretti dell’epoca avrebbe protetto, da qualche burocrate di partito, la comunità di cui faceva parte e a cui ha dedicato una parte importante della propria vita.

    Caro Segretario, sono convinto che la sua sensibilità è tale da riconoscere come vere le mie parole e come giusto il mio ragionamento. Sono convinto che saprà proteggere i Giovani Democratici da quella piccolissima parte del Partito Democratico che scambia la politica per una partita di Risiko!

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  • Se avete qualcuno che sta soffrendo, ascoltatelo ed aiutatelo

    Se avete qualcuno che sta soffrendo, ascoltatelo ed aiutatelo

    Se avete un amico o un’amica o un fidanzato o una fidanzata che ha perso il suo tipico smalto, il suo sorriso e la felicità dopo la quarantena, stategli accanto.
    Ascoltateli, abbracciateli e, se potete, aiutateli. Guardateli negli occhi mentre lo fate, potreste stupirvi di quello che vedrete. Potreste riuscire a strappare loro un sorriso, o vederli piangere a dirotto. In ogni caso, è l’ombra che comincia a svanire.

    Non c’è condizione più favorevole per sprofondare nell’abisso di quella in cui ci si ritrova da soli, circondati da incomprensione e da persone che anziché essere più vicine si allontano, magari con rabbia e frustrazione.

    Ricordiamoci che ci si rialza da soli, sempre.
    Ma se hai qualcuno che fa il tifo per te e ti sostiene, anche con una semplice parola, quello sforzo non sarà poi così faticoso, perché lo farai non solo per te, ma anche per gli altri.