Grazie Ed Miliband, perché con il tuo lavoro e la tua leadership hai fatto sentire un po’ laburista anche me. Hai dimostrato di avere dignità da vendere, di essere un leader carismatico ma senza forzature.
Ha vinto la paura, ha vinto l’incertezza del futuro. Hanno vinto gli anti-europeisti, quelli che hanno abbandonato l’UKIP per scegliere Cameron, dopo aver promesso un referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’UE.
Grazie, perché hai dimostrato che un partito storico può rinnovarsi in continuazione e che il fallimento politico non è il fallimento della persona. Sei uscito a testa alta e continuerai ad avere un tuo ammiratore oltre le Alpi.
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Ha dimostrato di averla, Ed Miliband, leader del Labour Party. Leader dimissionario, dopo la sconfitta alle Elezioni Generali di ieri.
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Oggi si vota nel Regno Unito, chi andrà al numero 10 di Downing Street non solo segnerà i prossimi anni di governo della Gran Bretagna, ma potrà essere decisivo anche in Europa.
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Latest Survation poll:
LAB – 34% (-)
CON – 33% (+2)
UKIP – 16% (-1)
LDEM – 9% (+1)
GRN – 4% (-)— Britain Elects (@BritainElects) May 5, 2015
Secondo il sondaggio di Survation, pubblicato a due giorni dalle elezioni nel Regno Unito, il partito laburista sarebbe in vantaggio di un punto percentuale rispetto ai conservatori.
Il Labour sarebbe al 34 per cento e i conservatori al 33 per cento. Un sondaggio precedente di Populus, sempre di oggi, aveva previsto un testa a testa di laburisti e conservatori al 34 per cento. Mentre un sondaggio di Ashcroft dava i conservatori al 32 per cento e i laburisti al 30 per cento.
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Virata a sinistra per i Labour. Da Brighton un messaggio importante alla sinistra europea. Miliband ha gettato nel cestino il New Labour di Tony Blair e ha costruito il One Nation Labour, con una visione politica non più tendente al centro, ma che vuole galvanizzare l’elettorato di sinistra. E in Italia?
In Gran Bretagna sta succedendo qualcosa di importante, di significativo, che chiunque si candida a guidare il principale partito di centrosinistra, in Italia, deve tenere bene in mente: i Labour hanno virato a sinistra, dopo la parentesi del New Labour di Tony Blair che ammiccava al centro.
Al timone del nuovo Partito Laburista inglese, dal 25 settembre 2010, c’è Ed Miliband, figlio di un ebreo di origine polacca, socialista, che ha sconfitto il fratello David alla corsa per la leadership del partito.
Nel corso della Labour Conference 2013, tenutosi a Brighton lo scorso 24 settembre, il leader dei laburisti ha sterzato, con forza, verso sinistra, proponendo un programma elettorale, in vista della competizione per Downing Street del 2015, pressapoco composto da:
- congelamento per due anni delle bollette energetiche con un risparmio medio annuale per le famiglie di 300/400 sterline (ma per le imprese addirittura superiore);
- battaglia alle sei grandi company del settore energetico (responsabili, per i laburisti, del salasso) che si accolleranno il costo dell’operazione, 4 miliardi di sterline (e sono già sul piede di guerra);
- riduzione delle tasse per 1 milione e 800 mila piccoli commercianti, nessuna riduzione invece per le società di capitale e per le multinazionali;
- costruzione di 100 mila nuove case (con criteri rispettosi dell’ambiente) e confisca delle terre. I grandi proprietari saranno posti davanti alla scelta: o utilizzi i tuoi possedimenti o le amministrazioni locali potranno espropriare per fini sociali;
- taglio della spesa pubblica improduttiva ma più soldi alla sanità pubblica e alla educazione;
- diritto di voto ai sedicenni.
Il New Labour, quindi, è finito. Ora, il One Nation Labour ha deciso che strada intraprendere nella politica inglese ed è forse un campanello d’allarme per tutti i partiti di centrosinistra europei, soprattutto italiani (soprattutto uno, molto impegnato per le diatribe interne tra ex-DC ed ex-PCI, ancora).
Ma il progetto blairiano, in Italia, non è rimasto, solo, negli annali di storia, perchè qualcuno ne ha rispolverato gli intenti e gli obiettivi, qualcuno che ha deciso di candidarsi alla carica di Segretario nazionale del Partito Democratico con l’obiettivo di spostare il partito più al centro (più di quanto già lo sia, del resto, è tutto dire). Parlo di Renzi, ovviamente, e mi chiedo se Ed Miliband sia un passo avanti rispetto al Sindaco di Firenze, oppure, inevitabilmente, i destini di due partiti “apparentemente apparentati” sono diversi, completamente slegati l’un l’altro. Di risposte ne ho tante, ma confuse, come se mi sembrasse scontato il fatto che un partito di centrosinistra debba preferire curare e rafforzare il suo consenso nella parte più a sinistra dell’elettorato, prima di occuparsi dei “delusi”.
Certo, apriti cielo: “ma se non intercettiamo gli scontenti del PdL, da dove li prendiamo noi i voti per vincere?”. Domanda posta e riproposta nell’esatto momento in cui qualcuno obietta, ma si lascia scoperto un tasto dolentissimo, difficile da nascondere ma malamente ignorato: con lo spostamento al centro del partito, perderemmo tutta la parte a sinistra dell’elettorato, gettandolo nello scompiglio di una continua proliferazione partitica (per ultimo il nuovo progetto politico di Landini, Rodotà e Zagrebelsky).
Da Brighton arriva un messaggio chiaro: in tempi come questi, non si possono perdere i valori della sinistra, una sinistra che guarda agli ultimi, ai disoccupati, al sociale, con forza, decisione, determinazione. Ma quindi? Quale sarà il messaggio intercettato dal Partito Democratico? Sarà un New PD o un One Nation PD?
Dipende da chi vince, ma dipende dalla nostra capacità di collocarci politicamente, regalando, finalmente, al PD, una chiarezza nelle idee e nella prospettiva da presentare al Paese. È poco? Io non credo. -
Apprezzo il fatto che Renzi stia affrontando un tour europeo, anche se a mio avviso dovremmo prima occuparci di questioni inerenti la politica interna, più che quella estera, ma mi lascia perplesso il fatto che Renzi abbia fatto visita alla Merkel e non invece all’SPD, a Schröder, per esempio.
Ora volerà per Parigi e Londra, spero che, oltre ad incontrare Hollande magari provi ad immaginare un sistema di collaborazione più forte e articolato, come lo stesso Presidente della Repubblica ha ribadito in queste ore.
Su Londra, mi auguro che ci sia lucidità e che ad un modello anti-europeista come quello portato avanti da David Cameron, si preferisca il progetto labour di Ed Miliband. Così, giusto per avere le idee chiare.
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Perchè il Regno Unito guarda con attenzione il giovane leader dei Labour?
Dal suo discorso a Manchester, in occasione dell’annuale conferenza dei delegati del Partito Laburista inglese, Ed Miliband ha lanciato un messaggio lungimirante che, certo, guarda con assoluta convinzione ad una sua candidatura alle prossime elezioni per scegliere l’inquilino di Downing Street, ma l’intento era più grande: far capire agli inglesi che il futuro non è iscritto al Tory di Cameron e che l’inserimento di temi importanti, come l’unità nazionale, il “one nation” ripetuto fino alla nausea, e uno Stato al servizio dei cittadini è la ricetta migliore, assieme ad una maggiore attenzione verso le giovani generazioni e in particolare verso l’istruzione, con un occhio di riguardo verso quella tecnica e professionale, poco valutata, sono la ricetta giusta per ridare slancio alla Gran Bretagna, oggi sotto assedio dalle politiche economiche di Cameron, politiche isolazioniste e poco europeiste.
Ma Ed Miliband, figlio di un teorico marxista, raffigura oggi quell’esempio di classe politica che sa esprimere con le parole e i gesti la passione e lo spirito che può portare il New Labour oltre il New Labour, nato sulle spalle di Tony Blair e che oggi, dopo una breve parentesi “browniana”, si accinge a trasformarsi in un “translator”, usando un termine inglese, delle necessità della gente.
La politica può essere frutto di passione ed impegno, così come un leader di un partito non deve necessariamente avere i capelli bianchi, lo dimostra una delle più grandi democrazie di sempre, la Gran Bretagna.
Guardiamo con attenzione anche oltre la Manica, perchè esempi importanti sono in Europa.