Sembrava un’ipocrisia da trofeo, la questione dei tagli all’istruzione pubblica che ha visto studenti, rettori e sindacati scagliarsi contro il Governo Monti, autore della famigerata Spending Review, al cui interno riportava 200 milioni di euro in meno nel capitolo di spesa del settore sopracitato.
La questione pare essersi risolta, se pur in parte: il “governo degli accademici” ha riflettuto e fatto dietrofront sulla sforbiciata che avrebbe messo ancora più in difficoltà le università pubbliche, già in ginocchio, soprattutto per l’incapacità di poter coprire le borse di studio e privi di fondi per la ricerca, snaturando il ruolo chiave degli atenei nel nostro Paese.
Ma la questione più sconcertante è l’ingente aumento delle tasse universitarie che, come le tasse ADISU (Agenzia Regionale per il Diritto allo Studio Universitario) aumenteranno da 77,47€ a 140€ (+80%), un dato significativo che non solo rende l’istruzione universitaria un privilegio, ma mette in serie difficoltà chi, per ragioni economiche e per altre spese rilevanti, vede allontanarsi una condizione tranquilla e indispensabile per una vita studentesca equilibrata e sinonimo di una focalizzazione dello studente verso l’impegno universitario, senza altri problemi in testa.
Il “regalo” che il Governo Monti ci consegna, a poco più di due mesi dall’inizio dell’università, è la percentuale di riferimento per il calcolo delle tasse universitarie, fino a ieri al 20% in riferimento al Fondo di Finanziamento Ordinario alle università (FFO) ma che con la Spending Review avrà come valore di riferimento il totale dei trasferimenti statali. Tutto questo verrà calcolato solo in riferimento agli studenti in corso, mentre per gli studenti fuori corso, circa il 40%, e gli studenti stranieri, 2%, si prevede un aumento senza tetti massimi, con l’impossibilità da parte degli studenti di poter fare ricorso, in quanto i fondi ricavati dalle tasse rientrano nel budget delle università, quindi inseriti nei capitoli di spesa, senza problemi.
In riferimento all’Università di Bari, se prima l’ammontare dei fondi ricavati dalle tasse universitarie era di 37 milioni di euro, sul 100% di studenti contribuenti, ora, poiché non sarà più in riferimento al FFO, pari a 189 milioni €, ma al totale dei trasferimenti del MIUR, ovvero 250 milioni €, nessuno vieta al CdA dell’Ateneo di aumentare le tasse, raggiungendo così 50 milioni di € di entrate solo dagli studenti in corso, con il rischio di raggiungere circa 400€ di tasse per gli studenti in corso, e sicuramente superiore per i fuori corso e gli stranieri.
Il Governo Monti ha deciso, quindi, di seguire la linea dell’indebitamento studentesco, per coprire i numerosi tagli ai finanziamenti pubblici.
Un dato politico significativo, da tutto questo, è che, come al solito, in tempo di crisi nessuno comprende quale sia la “fonte di salvezza” e la base su cui costruire un futuro più solido e attento alle esigenze dei cittadini: l’istruzione, la ricerca e la formazione professionale.
In un contesto così devastato per l’intero Paese, le famiglie non possono addossarsi ulteriori spese per l’istruzione dei loro figli, è necessario un cambio di tendenza, bisogna bloccare questa “macelleria studentesca”, gli studenti si uniscano per dar vita ad una ferrea opposizione all’ennesima sopraffazione nei confronti dei soggetti in formazione e dell’istruzione pubblica. Si diminuiscano i fondi per gli istituti privati, come la stessa Costituzione Italiana cita nell’articolo 33: “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”.
Il nostro impegno e le nostre richieste, sono sintetizzate in un altro articolo della Carta Costituzionale, l’art. 34 comma 3 e 4: “I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.
La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.”.
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Ferroni fa bene a scrivere a Napolitano. Lo Stato, con la Spending Review, soffoca le eccellenze del nostro Paese e il gruppo di ricerca che ha scoperto il Bosone di Higgs, per i non addetti ai lavori, la “particella di Dio”, sarà uno dei più penalizzati. Qual’è la motivazione che spinge ricercatori, in ogni campo, ad impegnarsi nella ricerca e nello sviluppo di nuove tecnologie? La passione? Ma la passione ha bisogno di comprensione e di sostegno. Questo al momento non c’è. Ma è un vizio all’italiana che è ormai presente da molto tempo, che ci sia un governo di falliti o un governo di professori (sottolineo, PROFESSORI, di natura proiettati verso un modo di intendere la formazione e l’istruzione come il massimo impegno per una società). Vorrei proprio capire come mai, soprattutto Profumo, da ex-presidente del CNR, non si sia opposto e non ci sia stato impegno nel promuovere e nell’irrobustire l’istruzione, l’università e la ricerca.
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Dalle pagelle scolastiche on line al taglio dei finanziamenti agli enti di ricerca, passando per le tasse universitarie. La Spending review “colpisce” anche scuole, università e ricerca, ma non com’era previsto nelle prime bozze del documento. L’azione “sotterranea” dei sindacati e di singoli gruppi ha addolcito l’amara pillola della revisione della spesa che mira a razionalizzare le risorse dello stato ed evitare il default. Alcune delle misure più dure sono state cancellate o modificate nelle ore successive alla conclusione del consiglio dei ministri di ieri mattina ed ora è possibile fare, con il decreto pubblicato in gazzetta, un primo resoconto di tutti i provvedimenti che riguardano scuola università e ricerca scientifica. Alla fine, il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca, Francesco Profumo, è riuscito a limitare i danni.
Scuola. La novità più importante per alunni e famiglie riguarda la pagella e l’iscrizione all’anno scolastico 2013/2014. A decorrere dal prossimo anno scolastico “le iscrizioni alle istituzioni scolastiche statali di ogni ordine e grado per gli anni scolastici successivi avvengono esclusivamente in modalità on line” attraverso un apposito applicativo che il ministero metterà a disposizione delle scuole e delle famiglie. Sempre da settembre, “le istituzioni scolastiche ed educative redigono la pagella degli alunni in formato elettronico”. Addio per sempre, quindi, alla vecchia pagella cartacea. “La pagella elettronica – recita il decreto – ha la medesima validità legale del documento cartaceo ed è resa disponibile per le famiglie sul web o tramite posta elettronica o altra modalità digitale”.
I genitori che volessero comunque una copia cartacea del documento dovrà farne specifica richiesta alla scuola. Ma il processo di dematerializzazione lanciato dal governo riguarderà anche i docenti e gli alunni. “A decorrere dall’anno scolastico 2012/2013 le istituzioni scolastiche e i docenti adottano registri on line e inviano le comunicazioni agli alunni e alle famiglie in formato elettronico”. Non sarà più possibile per gli alunni somari nascondere i brutti voti e le assenze ai genitori né contraffare la firma in pagella. Per attuare questa mezza rivoluzione, le scuole dovranno organizzarsi “con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Insomma, niente soldi in più per le scuole per la “rivoluzione on line”.
Docenti in esubero. Novità in vista anche per i docenti esubero, per quelli permanentemente inidonei per motivi di salute, per i cosiddetti insegnanti tecnico-pratici e per gli insegnanti italiani che insegnano all’estero. Per i docenti che a seguito della riforma Gelmini hanno perso la cattedra ( in esubero) si aprono le porte delle supplenze anche di qualche giorno. In questo modo il governo intende evitare che qualcuno dei 10 mila insegnanti in esubero possa rimenare “disoccupato” ma ugualmente pagato dallo stato. A settembre, i docenti senza cattedra verranno utilizzati, in ambito provinciale, sulle supplenze che sarebbero dovute andare ai precari. Coloro che sono in possesso del titolo di specializzazione su sostegno o che hanno iniziato il percorso di formazione potranno avere accesso anche alle supplenze di sostegno.
I docenti che per motivi di salute non possono più insegnare saranno “declassati” d’ufficio ad Ata: amministrativi e tecnici di laboratorio. I docenti tecnico-pratici, la cui figura è stata abilita nel 1994, e coloro che sono transitati dagli enti locali allo stato con una qualifica diversa da quelle previste dall’ordinamento statale, “transita (anche questi ultimi d’ufficio) nei ruoli del personale non docente con la qualifica di assistente amministrativo, tecnico o collaboratore scolastico, in base al titolo di studio posseduto”. Inoltre, il contingente del personale docente comandato presso il ministero degli Affari esteri verrà ridotto da 100 a 70 unità e i 1.400 insegnanti italiani in forza nelle scuole italiane all’estero vengono più che dimezzati: passeranno a 624.
Con queste tre manovre, la scuola italiana avrà più docenti, amministrativi, tecnici e bidelli e potrà evitare di pagare supplenti per la copertura dei corrispondenti posti. Ma non solo. I bilanci delle scuole verranno tenuti sottocchio attraverso una disposizione di cassa che costringerà le scuole a versare presso la Banca d’Italia i propri fondi e a non intrattenere più singoli rapporti con singole banche. E le supplenze brevi – da un giorno a qualche settimana, ma in casi eccezionali anche tutto l’anno – saranno soggette ad un monitoraggio per scovare le “istituzioni che sottoscrivono contratti in misura anormalmente alta in riferimento al numero di posti d’organico dell’istituzione scolastica”.
Un intervento “pesante” soprattutto quello sui docenti che insegnano all’estero “da sempre importante fattore di presidio della cultura italiana nel mondo”, a parere di Francesco Scrima, leader della Cisl scuola, che “manterrà comunque alta la vigilanza e l’iniziativa nella fase di conversione in legge del decreto, convinta che la concertazione con le parti sociali e le sedi negoziali devono essere fortemente valorizzate se davvero si vuole un’efficace revisione della spesa, e non un’ottusa e ingiusta politica di tagli lineari”. Per la Flc Cgil il decreto sulla spendine review è la solita “mannaia sui servizi pubblici” a carico dei cittadini e del lavoratori.
Stretta sui compensi ai “vicari”. Infine, stretta anche sui compensi ai vicari dei dirigenti scolastici. Fino a quest’anno, i vicepresidi o i vicari delle scuole elementari e media, per assenze del dirigente scolastico superiori a 15 giorni, percepivano la cosiddetta retribuzione per “mansioni superiori”. E siccome il preside va in ferie in estate per più di due settimane, il compenso scattava per tutti e 10 mila vicari in forza nelle scuole italiane. Ma l’anno prossimo cambia tutto. Al vicario non spetterà più questo compenso, potrà essere remunerato per le sue fatiche aggiuntive soltanto con i soldi del fondo d’istituto. E per le visite fiscali, il ministero ha stanziato 23 milioni di euro che ripartirà alle regioni che non dovranno più chiedere alle scuole il pagamento delle visite di controllo in caso di malattia.
Università. Anche l’università entra nella Spending review e gli studenti sono sul piede di guerra. Al centro della contesa, quelle università che sforano il tetto massimo di tassazione universitaria a carico degli studenti. Come anticipato da Repubblica alcune settimane fa, le università che sfornano il 20 per cento previsto dalla legge – fra “contribuzione studentesca” e fondo di finanziamento ordinario – sono tantissime – il 59 per cento – e in alcuni casi, come è avvenuto a Pavia, il giudice ha condannato l’ateneo a restituire il maltolto agli studenti. Ma dal prossimo anno le cose cambieranno.
In futuro, il conteggio della “contribuzione studentesca” sarà effettuato prendendo in considerazione soltanto quello che verseranno gli studenti italiani e comunitari iscritti entro la durata normale dei diversi corsi di studio. Non verranno conteggiate le tasse versate i fuori corso, che oltre ad ammontare al 40 per cento del totale degli iscritti sono quelli che sborsano di più. Ma non solo. Il denominatore del rapporto tasse versate dagli studenti/Fondo di finanziamento ordinario cambierà con il più favorevole “trasferimento statale”, che include altre somme. Per gli studenti si tratta di “una truffa”. Perché limitando il conteggio delle tasse versate ai soli studenti in corso e dilatando il finanziamento complessivo sarà difficile che le università continuino a sforare il 20 per cento. E tutto “ritorna a posto”.
Le università che dovessero comunque sforare saranno tenute a trasformare gli introiti “non dovuti” in borse di studio. Circostanza che viene definita dagli studenti come una “beffa”. “Una sanzione – spiega Luca Spadon, portavoce nazionale Link – Coordinamento universitario – che sa di beffa e che risulta essere un ulteriore assist ai rettori per continuare a far pagare agli studenti gli effetti dei tagli operati dalla legge Gelmini e mai ristorati da questo Governo”. Ma almeno il paventato taglio di 200 milioni sul Fondo di finanziamento ordinario è sparito. Ma la nuova norma, secondo gli studenti, “apre ad una pericolosissima liberalizzazione delle tasse e dei contributi universitari, come già in passato richiesto e sostenuto dalla Crui e da alcuni partiti italiani”.
Per l’Unione degli studenti, che hanno patrocinato decine di ricorsi al Tar per costringere gli atenei a restituire le tasse pagate in più, quello del governo Monti è un “omicidio premeditato dell’università pubblica”. “Siamo il terzo paese per tasse universitarie in Europa – dichiara Michele Orezzi – e nonostante questo il Governo punta a cancellare il limite della tassazione e consentire aumenti sconsiderati dei contributi pagati dagli studenti. La verità è che se fino ad oggi gli studenti potevano fare ricorso per bloccare gli atenei con tassazioni eccessive, ora l’unico vincolo per le università fuori legge sarà quello di destinare dei fondi a qualche borsa di studio, neanche necessariamente per studenti capaci e meritevoli ma privi di mezzi”.
Assunzioni. E all’università sarà possibile assumere ma con parsimonia. “Per il triennio 2012/2014 il sistema delle università statali, può procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato e di ricercatori a tempo determinato nel limite di un contingente corrispondente ad una spesa pari al venti per cento di quella relativa al corrispondente personale complessivamente cessato dal servizio nell’anno precedente”. Una quota che sale al 50 per cento nel 2015 e al cento per cento nel 2016. Del previsto taglio del trasferimento alle università private non sembra esserci traccia nel decreto, mentre spuntano 90 milioni per il diritto allo studio universitario falcidiato dal governo Berlusconi negli anni precedenti.
Ricerca. A guardare il testo definitivo del decreto-legge sulla revisione della spesa pubblica c’è da tirare un respiro di sollievo. L’ipotesi di sopprimere una serie di istituti di ricerca è stata al momento scongiurata. L’unico istituto che verrà soppresso è l’Inran (l’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione). Le sue finzioni saranno assorbite dall’Cra: il Centro per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura. L’Inran fino ad oggi ha svolto “attività di ricerca, informazione e promozione nel campo degli alimenti e della nutrizione ai fini della tutela del consumatore e del miglioramento qualitativo delle produzioni agro-alimentari”, si legge nel sito internet. Ma, se parecchi istituti di ricerca restano in piedi, arrivano tagli – relativi ai soli istituti dipendenti dal ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – per 19 milioni nel 2012 e 102 milioni per il biennio 2013/2014.
Sarà l’Istituto nazionale di Fisica nucleare (meno 9,1 milioni nel 2012 e 24,4 nel 2013 e nel 2014) il più penalizzato. Segue, nella classifica degli istituti di che contribuiranno di più al risanamento del bilancio dello stato, il Cnr che complessivamente 38 milioni di euro in tre anni. E i tagli ai budget colpiranno tanti istituti: l’Agenzia spaziale italiana, l’Istituto nazionale di astrofisica, l’Ingv – l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia – quello di Oceanografia e geofisica sperimentale e e anche l’Invalsi: l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema d’istruzione. In tutto, il taglio sui bilanci dei centri di ricerca – anche quelli dipendenti da altri ministeri – ammonterà a 210 milioni.
[da Repubblica.it]
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C’è bisogno di un colpo di coerenza. Il Partito Democratico non approvi la Spending Review del Governo Monti, per una questione di coerenza.
200 milioni di euro che verranno tolti all’Istruzione Pubblica, precisamente alle università, per poi essere dirottate alle scuole private. Mi sembra di aver già visto provvedimenti del genere. Ora basta! Non è un grido di insensata rabbia il mio, sono cosciente dell’ipocrisia che sta dilagando nel mondo politico, ma vedo anche schiavismo allo stato puro di un governo ormai alle prese con il clientelismo e con una visione delle cose totalmente disconnessa con la realtà e il nostro ordinamento giuridico.
Esempio principale, non può non essere la Fornero con il suo “il lavoro non è un diritto”, forse bisogna ricordarle l’articolo 4 della Costituzione Italiana, la Carta delle Carte, che il nostro Paese scrisse dopo un lungo periodo di sofferenze e libertà negate.
Ora il Commissario Enrico Bondi, con la sua revisione di spesa, ci dice che il problema della nostra difficile situazione economica, deriva dal finanziamento all’istruzione, ma come se non bastasse, questi soldi non vengono eliminati dalle voci di spesa, ma spostati ad un’altra destinazione: “ISTRUZIONE PRIVATA”.
Cito un articolo della Costituzione: Art. 33 comma 3 – “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo stato“.
Il Governo Monti può essere anche un governo di tecnici, professionisti e esperti di settore, ma di certo, sulla Costituzione sanno solo il titolo.