• Un grande pezzo di formaggio


  • Il discorso di Sergio Mattarella

    Il testo integrale pronunciato da Sergio Mattarella a Montecitorio durante la cerimonia di giuramento come presidente della repubblica.

    Signora presidente della camera dei deputati, signora vice presidente del senato, signori parlamentari e delegati regionali,

    Rivolgo un saluto rispettoso a questa assemblea, ai parlamentari che interpretano la sovranità del nostro popolo e le danno voce e alle regioni qui rappresentate.

    Ringrazio la presidente Laura Boldrini e la vice presidente Valeria Fedeli.

    Ringrazio tutti coloro che hanno preso parte al voto.

    Un pensiero deferente ai miei predecessori, Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano, che hanno svolto la loro funzione con impegno e dedizione esemplari.

    A loro va l’affettuosa riconoscenza degli italiani. (altro…)


  • Selma


  • Lettera a quella bistrattata della Sinistra

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    Cara Sinistra,
    ho deciso di scriverti perché non faccio altro che pensare a te dopo quello che è successo in Grecia e, soprattutto, dopo la reazione arrivata dal nostro Paese.

    L’altro giorno, mi soffermavo proprio su un quesito che ti riguarda: ma esiste un progetto simile a Syriza (o Podemos) in Italia, che abbia qualcosa di più di un semplice nome in comune? La risposta che mi sono dato è stata negativa e la reazione che ho generato in alcuni (non tutti, per fortuna) è pressappoco sintetizzabile in: “hai le idee un po’ confuse, curati”, “ma cosa ne capisci tu di politica?”, “ma vai a fare in culo tu e il PD!”.
    Mi fermo qui, cara Sinistra, perché non voglio tediarti più di tanto su certi argomenti, ma una domanda voglio porla io a te, adesso: come posso io “vivere in casa” con chi non ci pensa due volte prima di insultarmi? Come posso io sperare che un percorso comune con certe persone possa portarci lontano? Ma, soprattutto, come posso fidarmi di chi ha cambiato casa, inesorabilmente, almeno una decina di volte negli ultimi venti anni? Che razza di coinquilino è?

    Vedi, cara Sinistra, c’è una parte di te che mi reputa corresponsabile della tua agonia, perché parte di un partito che, a detta sua, è il principale artefice. Mi chiedo, e correggimi se sbaglio, se i veri responsabili del tuo malessere sono, invece, coloro che hanno stracciato le tue vesti, per poi accorgersi dell’inutilità di quel piccolo pezzo di stoffa che si sono ritrovati in mano e ripresentarsi, con la faccia come il culo, alla tua porta, chiedendoti di ricucire quel vestito – perché bisogna unirsi contro quella merda del vicino di pianerottolo.

    Perdonami, cara Sinistra, ma se dovessi tuffarmi in un ricordo d’infanzia, direi che la favola di Pinocchio parla chiaro: non bisogna fidarsi del Gatto e la Volpe. E questo insegnamento lo voglio condividere con te, perché credo possa servirti, di questi tempi.

    Vedi, cara Sinistra, voglio salutarti con un ultimo pensiero. Tu mi appartieni ed io appartengo a te. Lo so, ci sono molte persone gelose e, ne sono certo, cominceranno ad insultare, a dire che non è vero e che sono un impostore, ma non è così. Te l’assicuro.
    Cara Sinistra, ormai ti vesti con degli stracci, hai un vestito che cade a pezzi, hai toppe ovunque. Ma perché ti tratti in questo modo? Perché continui a convivere con chi ti ha ridotto così? La violenza non deve essere mai tollerata e con chi ti maltratta devi chiudere ogni tipo di rapporto, devi denunciare i responsabili. Fallo, prima che sia troppo tardi.

    Io, dal canto mio, non resto a guardare. Sentirsi parte di te, cara Sinistra, significa ben altro di tutto ciò, significa non fermarsi mai, essere prudenti, volenterosi, combattivi ma con il rispetto di chi ci è accanto. Significa essere testardi, ed io lo sono. Ecco perché ti chiedo di non cambiare casa o pianerottolo, ma ti chiedo soltanto di cacciare di casa chi abusa di te e di abbattere quel muro di cartongesso che ci divide. Ma non vestirti né da greca né da spagnola, sii una bellezza acqua e sapone.

    Tuo,
    Davide.


  • I destini generali


  • Nessuno è né Syriza né Podemos

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    E Nichi ci riprova. Il problema è sempre quello, nessuno vuole capire. Nessuno vuole ammettere che la sinistra, per essere (ri)costruita, deve bonificare il terreno su cui vuole ergersi.

    Attualmente, in Italia, non c’è un solo esempio di una sinistra strutturata – anche nel suo piccolo – capace di dare risposte concrete e di saper fronteggiare la deriva della politica. Non c’è, perché è essa stessa parte di quella politica ormai in declino.

    A dimostrazione di ciò, c’è un’intera schiera di vecchie glorie, ex-trombati e raccattapalle, sempre in prima fila, quando c’è bisogno di teorizzare un nuovo soggetto di sinistra, oppure quando c’è l’intenzione di sviluppare un progetto politico che con l’Italia non ha nulla a che vedere (vedi Syriza e Podemos) – su cui ci tornerò tra brevissimo.

    Human Factor – il laboratorio lanciato da Vendola, dal 23 al 25 gennaio – non sarà certo il punto di svolta, né un punto di partenza. Non si può costruire nulla con questo cemento, perché spesse volte è solo sabbia e niente più. Serve altro e questo altro ancora non c’è, perché quella che abbiamo noi, in Italia, è una sinistra (in maggioranza) ultra-conservatrice, non solo nelle sue posizioni, ma anche e soprattutto nella scelta delle persone.

    Il rispetto e la difesa delle origini è cosa buona e giusta, perché è da radici solide che prende vita un albero altrettanto forte, ma il punto è che queste radici ormai sono in putrefazione, hanno dimostrato, nel corso degli anni, di non essere all’altezza della situazione. Un partito di sinistra che non riesce a farsi capire dai cittadini e non riesce ad ottenere consensi, deve porsi delle domande centripete e non centrifughe. Molte volte si è vittima di se stessi e non di una incapacità da parte degli altri di ascoltare.
    Il nostro Paese vive una sofferenza immensa e spazio politico per nuovi soggetti ce ne sarebbe pure, ma il punto è che non ottieni un progetto vincente, sommando progetti fallimentari. Non deve essere SEL a mettersi in gioco, ma un intero modo di pensare di sinistra.

    Ho citato prima Syriza e Podemosi due partiti di sinistra della Grecia e della Spagna. Il leader di Syriza è Alexis Tsipras, noto in Italia per essere stato la scotch che ha tenuto “unita” la sinistra extraparlamentare (+ SEL) in vista delle Elezioni europee, con il successivo siparietto sul seggio che Barbara Spinelli decise di tenersi stretto, scatenando l’ira di SEL e Rifondazione Comunista. Il meno noto è Pablo Iglesias, leader di Podemos.
    I due partiti di sinistra, che in questi mesi hanno ottenuto e continuano ad ottenere consensi nei loro rispettivi Paesi, fanno brillare gli occhi ai leader usurati della sinistra italiana, lasciandoli sognare, a giorni alterni, di essere un po’ Podemos e un po’ Syriza, senza sforzarsi di intraprendere un percorso che prescinda da altri partiti, soprattutto stranieri. Un progetto spontaneo, insomma, niente di simulato o copiato. Perché è vero che Syriza e Podemos sono il risultato di una unione di altri partiti e movimenti di sinistra, ma è anche vero che la Grecia e la Spagna non sono l’Italia.

    E se non si comprende questo, non si è (di) sinistra, ma solo una cozzaglia di personaggi in cerca di sbancare il lunario, priva di quella cultura aperta e propositiva. Per intenderci: a mischiare le minestre son bravi tutti. È nell’inventare una nuova ricetta che c’è la vera difficoltà.

    Un quadro preciso l’abbiamo ottenuto durante la conferenza stampa di sostegno alla candidatura di Tsipras alle elezioni del 25 gennaio in Grecia. A vedere alcuni c’era solo da mettersi le mani tra i capelli.

    Ma il punto è sempre uno: vogliamo ritornare a qualche anno fa? Con un centrosinistra frammentato, disorganizzato, capace di far cadere un governo dalla sera alla mattina? Oppure è forse il caso di farsi un esame di coscienza e trovare dentro di sé la ragione di una deriva centrista del centrosinistra italiano? Non è che si è troppo poco credibili?


  • Oltre i luoghi comuni

    Per una volta, lasciamo le tastiere al proprio posto e leviamoci quella rabbia che ci fa dire cose, molte delle volte, esagerate e cattive sul nostro Paese.
    Ci sono tante cose che non vanno (ma che sono risolvibili), altre che funzionano e anche tanto, ma nessuno ha la voglia di sottolinearle, nessuno sembra più intenzionato a parlar bene della propria Nazione.

    Ecco alcune cose di cui andar fieri. Gridatelo al mondo.


  • Stato di diritto, questo sconosciuto

    Vivere in Italia, non significa vivere in uno stato di diritto.

    Sembra un’affermazione pesante, forse anche un po’ gonfiata, eppure gli elementi per sostenere questa tesi abbondano, da molti anni ormai.
    Il Sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca, è stato condannato in primo grado per abuso d’ufficio, con la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici di un anno, per aver nominato nel 2008 – mentre era commissario del governo per la gestione di un termovalorizzatore a Cupa Siglia, nella periferia della Città – come project manager, Alberto Di Lorenzo, il suo capo staff. Il commento a caldo dell’ex Sottosegretario del Governo Letta è stato:

    “Apprendo di una mia condanna per abuso di ufficio: l’accusa verteva sulla nomina del “project manager” da parte mia, in qualità di commissario di governo per un termovalorizzatore nel 2008. Tale nomina, come risulta dagli atti processuali, mi fu richiesta dal rup (responsabile unico del procedimento). “L’accusa ha sostenuto – come risulta dagli atti – che bisognava nominare un “coordinatore” e non un “project manager”, in quanto quest’ultima figura non è in uso nella pubblica amministrazione. In sintesi, le due figure sono equivalenti, il compenso spettante è uguale, e viene deciso dal rup. Si tratta, nel caso specifico, di 8.000 Euro netti, percepiti, come documentato, per 18 mesi di intenso e qualificato lavoro del project manager”.

    Cerchiamo di fare chiarezza sul D.Lgs 235/2012 (c.d. Legge Severino) e cosa prevede in merito.
    Il “T.U. delle disposizioni in materia di incandidabilità” voluto dal Ministro Severino, all’art.10 comma 1 lett.c riporta:

    “Non possono essere candidati alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali e non possono comunque ricoprire le cariche di presidente della provincia, sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all’articolo 114 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, presidente e componente degli organi delle comunita’ montane: […] c) coloro che hanno riportato condanna definitiva per i delitti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis, 323, 325, 326, 331, secondo comma, 334, 346-bis del codice penale;; […]”

    L’art. 323 del Codice Penale – collocato nel Libro II (Dei delitti in particolare) al Titolo II (Dei delitti contro la Pubblica Amministrazione) – tratta il reato di abuso d’ufficio.

    E, sempre nella Legge Severino, al comma 1 dell’art. 11 (Sospensione e decadenza di diritto degli amministratori locali in condizione di incandidabilità) si specifica che:

    “Sono sospesi di diritto dalle cariche indicate al comma 1 dell’articolo 10: a) coloro che hanno riportato una condanna non definitiva per uno dei delitti indicati all’articolo 10, comma 1, lettera a), b) e c); […]”

    Alla luce di queste disposizioni, non vedo come si possa continuare con questa farsa. Il Partito Democratico campano ha espresso la sua solidarietà nei confronti di Vincenzo De Luca il quale, oltre ad essere Sindaco di Salerno, è candidato alle primarie PD per la Regione Campania.

    Chiedere coerenza non mi sembra un azzardo. Centinaia di amministratori sono decaduti o sono stati sospesi dopo l’entrata in vigore della Legge Severino, ma c’è qualcuno che è più uguale degli altri, tanto da affermare l’intenzione a non mollare.

    Insomma, con una mano sventoliamo la Costituzione, mentre con l’altra nascondiamo le nostre colpe sotto un tappeto ormai incapace di occultare l’immensa ipocrisia che stiamo dimostrando.

    Il punto è: o quella legge l’applichiamo, oppure cancelliamola a dimostrazione che il concetto di “stato di diritto” lo studiamo a scuola e alle università, ma rimane, nella realtà, ad uso e consumo dei soliti notabili.

    No, oggi non mi sento di vivere in uno stato di diritto.