• Folk Merry XMas!


  • JFK, una bambina, Babbo Natale e l’Unione Sovietica

    Colgo l’occasione per augurarvi un felice Natale.


  • Per una Carta dei Diritti dell’Internauta

    
    
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    La nostra privacy è in pericolo. Nell’era della tecnologia e dei social network, i nostri dati sono sparsi nella rete, dati di ogni tipo, anche molto sensibili. C’è bisogno di porre un freno e la politica non può restare inerme difronte ad un problema simile.

    Le logiche del mercato hanno spinto i grandi raccoglitori di dati – come Facebook, Google e Twitter – a vendere pacchetti di informazioni personali, utili, ad esempio, per studiare metodi efficienti su come attirare, secondo i gusti, all’acquisto di un determinato prodotto, o per crearne di nuovi che rispondano alle esigenze del mercato.

    Ma tutto questo può farci dormire tra comodi guanciali? No, perché il mondo della rete sta globalizzando le informazioni, mettendo a nudo la nostra vita, considerando i diritti fondamentali come il risultato di fanatismi del secondo dopoguerra.

    Oggi, come se non bastasse, gli Stati Uniti, attraverso il TISA (Trade In Service Agreement) vogliono liberalizzare il mercato dei dati sensibili, attraverso un documento, frutto di negoziati segreti tra 23 Nazioni, tra cui l’Italia, venuto a galla attraverso rivelazioni di Wikileaks. Ad essere coinvolti, sono i servizi dell’Information and Communication Technology – di cui fanno parte i colossi della tecnologia, come IBM, AT&T, Google e HP.
    La proposta americana conferma l’indirizzo dell’accordo UEUSA del 2011 sui principi del commercio dei servizi ICT, ovvero promuovere l’accesso e la distribuzione delle informazioni, delle applicazioni e dei servizi scelti dai consumatori, senza alcuna restrizione al trasferimento dei dati tra i paesi, né imposizioni ai fornitori di utilizzare infrastrutture locali.
    In soldoni, l’obiettivo è quello di estendere i termini delle privatizzazioni, andando oltre quelli già previsti dal GATS della WTO (World Trade Organization).

    Chi può difenderci da tali abusi?
    L’Unione europea, dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, ha a disposizione una specifica base giuridica esplicita ai fini della protezione dei dati.
    Nel dettaglio, l’art. 16 del TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea) stabilisce che ogni persona ha diritto alla protezione dei dati di carattere personale che la riguardano.
    Inoltre, la riservatezza delle informazioni personali e della vita privata dell’individuo trovano tutela negli articoli 7 e 8 della Carta dei Diritti fondamentali, che ha stesso valore giuridico dei Trattati.
    Anche la Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), stipulata dagli Stati membri del Consiglio d’Europa, su tale punto pone dei paletti importanti, all’art.8 (Diritto al rispetto della vita privata e familiare) prevede che ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, della propria corrispondenza e del proprio domicilio.
    Nel nostro Paese esiste il Codice della Privacy (D.Lgs. 196/2003), aggiornato (D.Lgs. 69/2012) in attuazione delle direttive 2009/136/CE (in materia di trattamento dei dati personali e tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche), 2009/140/CE (in materia di reti e servizi di comunicazione elettronica) e del regolamento n.2006/2004 (sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell’esecuzione della normativa a tutela dei consumatori). Tra i diversi riferimenti del Codice, troviamo l’art. 4, nel quale viene introdotta la definizione di “Violazione dei dati”, intesa come “violazione della sicurezza che comporta anche accidentalmente la distruzione, perdita, modifica rivelazione non autorizzata o l’accesso ai dati personali trasmessi, memorizzati o, comunque, elaborati nel contesto della fornitura di un servizio di comunicazione accessibile al pubblico“.

    Ma l’attuale legislazione può essere sufficiente? Se attuata in toto, questa può garantirci un margine di tutela non indifferente, tuttavia, la globalizzazione ci ha resi vulnerabili, come individui, ma soprattutto come Stati nazionali. Per questo è opportuno percorrere il sentiero del costituzionalismo internazionale, che ha l’obiettivo di redarre una Carta dei Diritti globale, applicata al mondo di internet: l’Internet Bill of Rights.

    La Camera dei Deputati su questo punto si è già espressa, istituendo una Commissione ad hoc, con l’obiettivo di creare una bozza della Dichiarazione dei Diritti in Internet e avviando una consultazione pubblica sul tema.

    L’obiettivo della politica deve essere, per l’appunto, informare i cittadini, renderli consapevoli dei pericoli che corrono, lavorando, parallelamente, alla creazione di una legislazione tra stati, forte e radicata nei Diritti dell’Uomo, capace di frenare l’avanzata dei grandi gruppi economici che, dai nostri dati sensibili, traggono enormi vantaggi.

    Un passo in avanti è stato compiuto attraverso il riconoscimento del diritto all’oblio, con il quale si può chiedere ai motori di ricerca di eliminare tutte le voci inerenti a fatti e/o eventi che ci espongono a pregiudizi, come ha dimostrato la storica sentenza della Corte di Giustizia dell’UE del 13 maggio 2014, inerente alla causa C‑131/12 tra un cittadino spagnolo e Google, sulla richiesta del primo di eliminare i link che rendevano liberamente accessibili alcuni dati riguardanti un suo debito non pagato.

    In conclusione, è chiaro che il prossimo passo deve essere quello di alimentare una nuova stagione di diritti, dove la figura dell’individuo si scontri con le nuove tecnologie e la nuova dimensione globale della società che queste hanno creato. Bisogna rendere chiaro un concetto: internet non è un mondo parallelo che prescinde dalla realtà, ma un’appendice di ciò che è intorno a noi, nella vita fuori dal web.

    Per questo, forte è il nostro sostegno al progetto avviato dalla Camera dei Deputati, sentendoci portatori di una cultura dei diritti basata sul rispetto dell’essere umano, della sua vita privata e, soprattutto, della sua dignità, contrastando l’idea che ogni utente di internet sia un mero consumatore.


  • E adesso linciatemi pure

    È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

    — art. 3 comma 2, Costituzione della Repubblica Italiana

    Ora ditemi che le preferenze non sono un ostacolo di ordine economico che impedisce la partecipazione di tutti i cittadini alla vita politica.

    Non siete d’accordo? Chiedetelo alle millemila euro che serviranno ai candidati alle regionali, nella prossima primavera, o alle lobby industriali che verseranno fondi ai candidati in cambio di aiutini.

    Il problema di questo Paese? Individuate le mele marce (e non tutte) abbiamo preferito buttar via tutto il cesto, senza fare una cernita. Abbiamo abolito le province, abbiamo abolito il Senato (ora, no domani, no forse dopodomani ma ci arriviamo), ma abbiamo lasciato in pace ciò che con la rappresentanza non centra assolutamente un fico secco, ovvero le municipalizzate (sono tutte ancora lì, con tavolate imbandite con un prelibato menu soldi pubblici).

    Dulcis in fundo, abbiamo ristabilito le preferenze. Modalità ancora tutte da definire (fino a quando non sarà approvata la legge, in questi tempi meglio non essere certi di nulla), ma per me rimane pur sempre una porcata, come porcata è stata l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, trascinandoli più di quanto non lo siano ora (ritorna il discorso delle mele marce) nelle braccia dei lobbisti. E poi ci lamentiamo degli sgravi fiscali che hanno ricevuto le concessionarie di slot machine? Ci lamentiamo, giustamente (ma ipocritamente), delle fondazioni? E poi? Peccando di lungimiranza, siamo bravi tutti a fare le riforme, peccato che chi ne subirà le conseguenze non saranno quelli che attualmente siedono in Parlamento, ma le nuove generazioni.

    Ovviamente l’onda del populismo è sempre la più alta, perciò linciatemi pure, perché tanto la questione è chiara: lì dove c’è il consenso, lì c’è la politica (o meglio, i politici). A casa mia, è la politica a dover spostare il consenso, non il contrario.

    Come si dice dalle mie parti: sciatavìn sciàt!


  • Il pagellone

    Anche questa settimana è uscito il pagellone di Volevo il Rigore.

    C’è un 5 che viene giustificato a pennello. Indovinate quale.


  • La Giornata Tipo del Giovane Democratico

    Ce la raccontano i ragazzi di #VolevoilRigore, qui.


  • Di Battista ci fai o ci sei?

    http://youtu.be/MHnCkd-_Q5E

    Che Di Battista sia un’idiota poco ci credo, ma il dubbio sorge nel momento in cui su internet si trovano video come questo.

    Voglio ringraziare pubblicamente l’On. Di Battista per avermi spiegato attentamente chi siano i soggetti più esposti al gioco d’azzardo, effettivamente credevo che a spendere fortune in slot machine fossero le persone che hanno una vita felice e non i disperati.

    Al caro Di Battista voglio dire che la questione sul condono alle concessionarie di slot machine è vergognoso. Chiunque dica il contrario è solo un cretino. Ma se uno dei cinque che valgono più di uno nel M5S attribuisce questo a donazioni fatte da queste società ai partiti e alle fondazioni, dice bene. Il problema è che si è appena buttato la zappa sui piedi.

    Il Dibba (per gli amici) si sta trasformando in un urlatore da strapazzo, o forse non è mai stato altro, visto che gridava al tempo dell’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, ed urla ora contro i finanziamenti privati ai partiti.

    Mi chiedo come si debba fare politica sul territorio. E vi prego di risparmiarmi il sermone della politica a costo zero. Io preferisco un partito radicato che fa iniziative e che abbia alla base i propri circoli e non un sito web che macina soldi da pubblicità.

    Se all’abolizione del finanziamento pubblico, si fosse preferito un controllo serrato dei fondi dei partiti, con relative tracciabilità delle spese e delle entrate, credo che avremmo evitato due cose: 1) non hai soldi? Al massimo puoi candidarti nel tuo condominio; 2) Aver gettato nelle braccia delle lobbies tutto il sistema politico italiano. Movimento 5 Stelle compreso. Statene certi.


  • Autocritica

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