• Te la do io la Silicon Valley

    Ho intervistato, qualche giorno fa, tre ragazzi che hanno avuto, assieme ad un folto gruppo di ragazze e ragazzi, l’idea di progettare una scuola che insegni e diffonda l’innovazione, in tutte le sue forme. La parola d’ordine dell’organizzazione è e sarà sempre: condivisione. E per chi mastica un po’ di informatica, il termine condivisione sarà venuto in automatico nel sentire il nome della scuola: Open Source.

    L’intervista la trovate, per intero, su Post Meridiani. Una videointervista, quasi 40 minuti per spiegare tutto della Scuola Open Source.


  • Complimenti vivissimi

    In queste ore ho imparato una cosa: se sei in difficoltà e non riesci a trovare un candidato all’altezza della competizione congressuale, non ne devi prendere atto e farti due domande, ma usi il tuo potere per sospendere il congresso fino a quando non sei pronto.

    Il congresso del PD Puglia è stato sospeso fino al 2016 inoltrato. Una decisione gravissima che denota la grande difficoltà di un PD nazionale che considera i partiti regionali come appendici e non come capaci di un’autonomia decisionale e politica.

    Ps. Stefano Minerva c’è e abbiamo consegnato tutto il necessario per partecipare al congresso.


  • Una tragedia

    Dopo le dimissioni di Marino, in Capitale sono spuntate come funghi bandiere di Fratelli d’Italia (il partito di Alemanno) e di Noi con Salvini (quelli di “Roma ladrona, la lega non perdona”). La Lombardi (M5S) ha espresso il suo desiderio di fare il Sindaco, Di Battista dice di metterli “alla prova”, come se Livorno e Parma non siano già abbastanza.

    Provo un brivido lungo la schiena e credo che il PD, con questo gesto, abbia fatto un grosso errore, peggio di quello dei 101.


  • Perché credo che Marino sia un bravo sindaco

    Non c’è assolutamente bisogno che dica altro, se non rimandandovi ad un articolo scritto da Francesco Luna, sul suo blog.

    Ogni singola parola, ogni singolo periodo, sono importanti per comprendere come stanno davvero le cose a Roma e perché il suo Sindaco è, da molto tempo ormai, una sagoma che tutti usano per il tiro a segno giornaliero. Pecoroni da tastiera, pecoroni nella vita, pecoroni nella politica. Insomma, sempre di pecoroni si tratta. Certo, a volte sono travestiti da leoni, ma basta togliere la maschera per comprendere che siamo di fronte ad un linciaggio mediatico-politico costruito ad hoc, sfruttando l’ignoranza dei cittadini (che su Roma sono informati quanto su quello che accade ad Honululu) e i soldatini d’assalto – giornalisti, commentatori e opinionisti che si fregiano del titolo ma che rappresentano quella parte marcia del Paese, asservita al potere – un linciaggio quotidiano che sta distruggendo Roma, più che Marino.

    Leggete l’articolo di Francesco Luna e capiterete perché, se lo avete mai fatto, arrabbiarsi verso Marino è un grande, grandissimo errore.


  • La strage di Marzabotto

    71 anni fa, i nazifascisti in preda al panico e allo stesso tempo presi da una furia disumana, a causa della fuga verso il nord causata dagli alleati e dai partigiani, arrivarono a Marzabotto, in Emilia. Dovevano essere di passaggio ma distrussero tutto ciò che incontrarono e decisero, quindi, di radere al suolo quel paesello. Raffiche di mitra. Caddero anziani, bambini e donne. Un totale di 800 esseri umani. Molti uomini (adulti) erano distanti, per combattere e resistere, trovarono al ritorno solo carcasse e sangue.

    Ricordo con amarezza un racconto, letto non molto tempo fa, in cui si descriva l’orrore ritrovato tra le quattro viuzze di quel centro abitato. Corpi trivellati, altri impiccati agli alberi e trattati come bersagli di tiro. Un’immagine terribile non riesco a cancellare dalla mente: una donna, incinta, uccisa e appesa ad un albero. Come se non bastasse, per l’aver spezzato due vite in una, i nazifascisti sventrarono quella donna, facendo fuoriuscire il feto e macchiando di sangue, indelebilmente, la dignità di quella donna.


  • Ma voi lo direste mai di persona?

    Mi capita tutti giorni ormai. È una presenza continua, non posso evitare di leggerli perché sono ovunque ed è impossibile scartarli. Sto parlando dei commenti violenti, presenti sui social network (uno tra tutti, Facebook).

    Minacce di morte, insulti pesanti e molto diretti. Le pagine Facebook dei parlamentari 5 Stelle e di Grillo, di Salvini, della Meloni, per non parlare delle pagine di coloro a cui sono rivolti tali commenti, come Matteo Renzi e Laura Boldrini (come non ricordare i commenti sessisti ben in vista sulla pagina del Fatto Quotidiano).

    Giusto per fare qualche esempio:

    Schermata 2015-09-15 alle 19.42.47 Schermata 2015-09-15 alle 19.40.33

    Quelli che vedete sono due (dei tanti) commenti presenti sulla pagina di Giorgia Meloni, relativi ad un post in cui l’ex ministro del Governo Berlusconi criticava l’acquisto del nuovo aereo di stato per i voli intercontinentali, gridando allo sperperio di soldi pubblici. Probabilmente non ricordava i tanti usi che ne faceva l’allora Premier Silvio Berlusconi, portando Apicella ed escort al seguito, in volo sugli aerei targati “Repubblica Italiana”.

    Ma a cosa dobbiamo tale fenomeno? Probabilmente alla perdita della personalità sui social. Crediamo (o meglio, credono) che il semplice fatto di essere un nickname, un profilo astratto, non tangibile, possa consentirci di poter dire qualsiasi cosa, di poter dar sfogo alla più becera della violenza (se esiste una classifica della violenza stessa), in questo caso verbale.

    La Cassazione in tal modo si è espressa in modo chiaro: su Facebook può configurarsi il reato di diffamazione ed è, in realtà, una grandissima rivoluzione che porta la tutela dei diritti su internet e, soprattutto, sui social network.

    Siamo un Paese di merda, quindi, come si legge spesso tra i commenti? Assolutamente no. Siamo un Paese che merita rispetto e che ha una posizione rilevante a livello internazionale, checché ne dicano gli oppositori di ogni governo in carica.

    Siamo un Paese in cui c’è gente di merda? Sì, questo sì, non bisogna nasconderlo e, soprattutto, non è una caratteristica tutta italiana ma è nella natura umana e in ogni parte del mondo, in ogni Paese la situazione è analoga. Possiamo dire che Facebook, i social in generale, hanno scoperto un nervo fino ad ora nascosto. Cosa vogliamo fare? Quale può essere la possibile soluzione?
    Volendo dare una risposta, credo che le possibilità sono due:

    1) Maggior tutela dei diritti della persona anche sui social, attraverso un lavoro di intensificazione dei controlli e dei relativi provvedimenti giudiziali (sì, anche questo è importante, perché i destinatari, spesso e volentieri, non sono soltanto personaggi pubblici, ma anche comuni cittadini che anche per il semplice fatto di aver commentato a loro volta un post, si ritrovano con decine di minacce al seguito);

    2) La cosa più semplice: porsi una domanda, prima di scrivere un post o un commento sul web. Ma se mi trovassi di persona, direi mai questa cosa?

    Ecco, il secondo punto è semplice ed immediato. Incominciamo ad allenarci.


  • Il primo discorso di Corbyn da leader

    Jeremy Corbyn ha vinto la corsa per la leadership dei Labour. Lo ha fatto raggiungendo il 60% dei consensi. Lo ha fatto in un partito fortemente condizionato, negli ultimi anni, dal blairismo, da quell’orientamento politico che chiamiamo terza via.

    Il Labour oggi vira a sinistra e lo fa attraverso gli strumenti di partecipazione e di scelta tutti interni. Bisognerebbe capirlo anche da noi, senza creare partiti ulteriori.


  • Quelle due librerie fondamentali

    Oggi, per Post Meridiani, ho scritto questo post. L’ho fatto senza guardarmi indietro, devo esservi sincero.

    […] Dicono che la libreria più importante sia quella che c’è in ognuno di noi – quella dell’anima – per definizione astratta. Sono d’accordo con questa teoria e, per quanto possa sforzarmi di non pensarci, credo che nel nostro tempo, a giudicare dall’aridità dei sentimenti e dall’odio che rimbalza, come un proiettile impazzito, da un essere umano ad un altro, credo che quelle librerie siano vuote o che siano state distrutte dall’onda anomala della barbara ignoranza. Ecco perché, quando sento parlare di cultura, non posso che pensare ad una rivoluzione. Tutta in salita, ma non senza una meta.