• Amazon apre ai “contanti” e agli scettici

    Amazon apre ai “contanti” e agli scettici

    È notizia di poche ore: Amazon ha avviato il nuovo sistema di pagamento tramite contanti.

    “Ricarica in cassa” è il nuovo metodo di pagamento offerto dalla gigantesca piattaforma di e-commerce di Jeff Bezos. Recandosi presso una ricevitoria (i sistemi di pagamento affiliati sono elencati sul portale dedicato) da oggi sarà possibile acquistare i prodotti senza l’utilizzo di carte di credito. Con il versamento, attraverso una procedura semplice e veloce, che richiede un codice a barre generato dal sito di Amazon (disponibile sull’app e in cartaceo), si può creare un portafogli con la disponibilità di denaro utilizzabile nei pagamenti.

    Per fare un esempio: decido di acquistare un Amazon Kindle Paperwhite. Costo: 130€. Non ho una carta di credito o, come vedremo, non mi fido di inserire i dati della mia carta come metodo di pagamento elettronico. Vado sul portale “Ricarica in cassa” presente nella sezione Il mio account » Buoni regalo e Ricarica, recupero il codice a barre e mi reco presso la ricevitoria con i miei contanti. Verso e sul mio account, istantaneamente, troverò il mio account con una disponibilità di 130€ che utilizzerò per acquistare il prodotto prescelto.

    Una scelta aziendale importante, quella dell’introduzione dei contanti nei pagamenti, che apre all’e-commerce a chi non è provvisto di carte di credito, bancomat o carte prepagate o che, semplicemente, ha deciso di non fidarsi del pagamento elettronico.

    Riguardo quest’ultimo caso, aumentano i numeri di frodi informatiche, come sottolineatodall’Osservatorio Crif (oltre 26mila casi nel 2016), dove il 18,5% dei casi riguarda le carte di credito. Ma i dati sulla sfiducia negli acquisti online diminuiscono, come riportato dall’Eurostat, per il periodo 2010-2015, con una flessione considerevole di 14 p.p. nel quinquennio, per l’Italia, e di quasi 3 p.p. nella media UE.

    Vedremo cosa succederà da qui a poco tempo. Quali saranno le risposte provenienti dai consumatori ma, nel frattempo, un dato incontrovertibile si afferma, ogni giorno di più: l’e-commerce cresce (+8,1 p.p. dal 2011 al 2016, in UE) e Amazon si afferma ai vertici del settore, assieme ad Alibaba – la compagnia di e-commerce cinese fondata da Jack Ma – che, nel giorno del Single Day, ha incassato più di 25 miliardi di dollari, un incasso di 1 miliardo ad ora, per un totale di 777milioni di acquisti.


  • Diamo i numeri: 68 proposte da 9 democratici 20enni

    Diamo i numeri: 68 proposte da 9 democratici 20enni

    SESSANTOTTO (68) proposte. Siamo quasi al programma dell’Ulivo.
    Concrete. Niente fuffa e niente slogan. Sono alcune delle risposte che la mia generazione attende da tempo e che noi, in quanto rappresentanti diretti di quella generazione in politica, abbiamo il dovere di sostenere e chiederne la concretizzazione.
    Oggi Il Foglio riporta le nostre proposte.
    Ci siamo io, Ludovica, Matteo, Federica, Francesco, Michele, Gaia, Luca e Alberto.
    Siamo dirigenti dei GD, consiglieri comunali, studenti, lavoratori, disoccupati.
    Siamo ognuno di coloro che vogliamo rappresentare.
    Siamo semplicemente il contrario di sagome da palco.
    Politica. Semplicemente questo.

    [su_button url=”http://www.ilfoglio.it/politica/2017/11/13/news/dal-salario-minimo-allo-ius-soli-i-millennials-del-pd-presentano-le-loro-idee-a-renzi-163227/” target=”blank” style=”soft” background=”#b70325″ size=”4″ icon=”icon: external-link”]Leggi l’articolo de Il Foglio[/su_button]

     

     

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  • The Industries of the Future, Alec Ross – Recensione

    The Industries of the Future, Alec Ross – Recensione

    Non è per una mera composizione fotografica che, accanto al libro di Alec Ross, Il nostro futuro (The Industries of the Future, in lingua originale), ci siano dei post-it, una penna e una matita. È un libro che va attentamente studiato, da cui prendere appunti. Ho riempito le pagine di note, informazioni evidenziate e tutto ciò che mi è servito per arrivare ad una conclusione incontrovertibile: questo libro va letto e consigliato, soprattutto alla mia generazione a cui, credo, Ross abbia voluto rivolgersi, più di chiunque altro.

    Sfatiamo subito un mito che aleggia di fronte a libri di questo tipo: non è un ricettario né, tantomeno, un insieme di slogan da parte di chi, dall’alto della sua comoda scrivania, pensa di poter dare una lettura oggettiva del mondo, senza conoscerlo affatto.

    Alec Ross è un esempio di capacità, passione e umiltà, un mio punto di riferimento, che ha deciso, nel 2016, di pubblicare questo libro per offrire un cannocchiale con cui guardare il mondo dei prossimi 10/15 anni. Un mondo diverso da quello in cui viviamo. Un mondo con sue logiche oggi impensabili dalle menti conservatrici. Un mondo che arriverà, comunque, che lo si accetti o no.

    Italoamericano (i suoi antenati emigrarono dall’Abruzzo verso gli States, cento anni fa), tra i massimi esperti di tecnologia degli Stati Uniti e del mondo, è stato Senior Advisor per l’Innovazione del Dipartimento di Stato degli USA, durante il mandato di Hillary Clinton. Ha girato in lungo e in largo il mondo, grazie al suo lavoro, avendo la fortuna di conoscere gli aspetti più disparati e nascosti di ogni angolo della Terra, dai più importanti ai più remoti. Ha immagazzinato una mole di informazioni, spunti di riflessione che cerca, egregiamente, di mettere a sistema nella sua opera, diventata il filo d’Arianna in un labirinto, quello del presente, tortuoso che tiene intrappolati molti di noi, in una dimensione sempre più sbriciolata dalla rivoluzione tecnologica. Una rivoluzione silente, spesso, altre volte accompagnata dalle fanfare degli annunci in pompa magna. Una rivoluzione che non tutti sanno di star vivendo.

    Dalla nascita di AirBnB alle sfide della digitalizzazione nella sanità, passando da una visione dell’Africa e dei Paesi in via di sviluppo completamente fuori dai preconcetti che si associano ad essi. Ecco la funzione di questo libro: apre la mente e l’anima verso una visione della realtà completamente diversa. Una sorta di realtà aumentata, capace di farci viaggiare nel tempo e la conclusione a cui si giunge, quando si finisce questo libro è: ma viaggiare in quale futuro? Siamo già in quel viaggio e non ce ne rendiamo conto.

    Sollevare criticità riguardo l’innovazione tecnologica è diventato uno sport per molti. La paura verso la nuova “stregoneria” chiamata tecnologia travolge chi non comprende il suo enorme potenziale o guarda ad essa come un elemento fuori dal controllo dell’uomo. Ma è l’uomo che crea tecnologia. È l’uomo che decide da che parte deve andare l’innovazione tecnologica. Il motto “si stava meglio quando si stava peggio” lasciamolo ai perdenti. Abbandonare la palude della paura e della nostalgia è d’obbligo se vogliamo essere pronti allo tzunami dell’innovazione che ci travolgerà nei prossimi anni.

    Alec Ross – attualmente candidato per i Democrats a Governatore del Maryland – con eleganza, semplicità e lucidità prova a dare suggerimenti che possono essere colti o meno, sta a chi legge (o a chi vorrà farlo) farlo o meno. Questo è chiaro.

    A chi, come me, è appassionato delle tecnologie – non nella loro banale declinazione di device di ultima generazione, ma come fattore di cambiamento economico, sociale e politico – non posso che consigliare di leggere questo libro e lo faccio con una citazione, tra le più interessanti che ho raccolto:

    Se quello che ci sarà di qui a dieci anni sarà un mondo in cui la privacy come la conosciamo oggi non esisterà più, le norme cambieranno. In un mondo senza privacy ognuno avrà il suo scandalo. E in quel mondo l’idea stessa di comportamento scandaloso sovrà cambiare. Ripenso alle elezioni presidenziali del 1992, quando la questione se Bill Clinton avesse aspirato o no dopo aver preso una boccata da una canna di marijuana divenne un punto centrale della campagna. In tempi più vicini,m nel 2008, l’ammissione di Barack Obama di aver fatto uso in passato di marijuana e di cocaina è stata praticamente una non-questione. Nel corso di quei sedici anni le norme erano cambiate. (pag. 221)

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  • Twitter raddoppia i caratteri per raddoppiare gli utenti

    Twitter raddoppia i caratteri per raddoppiare gli utenti

    È ufficiale, Twitter abbandona i 140 caratteri e raddoppia lo spazio a disposizione degli utenti.

    La tendenza ad allargare “la voce” a disposizione degli utenti era arrivata sin dall’eliminazione, nel tweet, nel rispondere ad altri utenti, del tag @username, liberando così i cinguettii da un elemento spesso molto scomodo.

    Ieri, sul blog ufficiale della società, arriva la notizia: addio 140 caratteri, arriva il double-tweet, un 2 in 1 che spesso caratterizzava comunicazioni da parte di diversi utenti non avvezzi alla sintesi estrema.

    Le ragioni, Twitter, le trova nel dato storico dell’utilizzo del social network, dove il 9% dei tweet in inglese raggiunge il muro dei 140 caratteri, portando l’utente alla necessità di dover rivedere i tweet, togliere qualche articolo, qualche virgola o avverbio, oppure, di ripensarci e di abbandonare il tweet senza, di fatto, pubblicarlo. Un trend sempre più in aumento, questo, confermato anche dai dati riportati sempre da Twitter sul suo blog, ad opera della Product Manager, Aliza Rosen, a seguito della sperimentazione avvenuta nei giorni scorsi, prima del lancio pubblico dei 280 caratteri.

    Per molti può sembrare un semplice cambiamento del servizio offerto dal social network ma, in realtà, c’è molto di più.

    Twitter cresce a livello economico se cresce sul mercato e ingloba sempre più utenti. Questo a San Francisco l’hanno capito, da molto tempo.
    Notizia di una settimana fa, Twitter, assieme a Google e Amazon, ha visto incrementare i propri bilanci più delle previsioni, nell’ultimo trimestre, e proprio il social network dell’Oblivius Corporation, da sempre in perdita, vede la luce degli utili in fondo al tunnel. Gli utenti che cominceranno ad usare Twitter con più interesse, facilità e, magari, per la prima volta, saranno esponenzialmente maggiori dei nuovi 140 caratteri sommati ai 140 precedenti, così come accaduto, sempre nell’ultimo trimestre, con un +4%, arrivando a 330 milioni.

    Solo un incentivo alla comodità dei propri utenti? Certo che no. Twitter punta a diventare grande, finalmente. Più utenti, più fetta di mercato, più pubblicità, più entrate.

    Ps. una delle ragioni che ho sempre associato al fatto che Twitter non abbia sfondato in Italia, come social network, rispetto agli USA e ad altri Paesi del mondo, sta proprio nel limite dei caratteri. Insomma, scrivere in inglese in 140 caratteri può esserti più semplice rispetto a farlo in italiano, una lingua più complessa (come altre lingue neolatine).


  • Di cose nazionali e di territorio (e altro)

    Di cose nazionali e di territorio (e altro)

    Ho rilasciato un’intervista al quotidiano online della mia città, Noci24.it, riguardo quello che è stato il 21 ottobre, durante la Direzione nazionale dei GD e dei vari congressi celebrati sul territorio.

    Uno sguardo alle Politiche e alle Amministrative e altro. Se volete, la trovate qui.


  • Senza coraggio alcuno

    Senza coraggio alcuno

    Loris Bertocco – rimasto totalmente paralizzato dal 1977, dopo un incidente stradale – ha deciso di procedere con l’eutanasia in Svizzera.
    Ogni volta che un essere umano decide, con assoluta dignità, di scegliere questa via, c’è sempre chi sostiene la necessità dell’introduzione di una legge che provveda alla legalizzazione della pratica in Italia. Tra questi, c’è il sottoscritto.
    Tuttavia, il pensiero costante che mi pervade è sempre lo stesso: se in questo Paese per approvare una legge sulla cittadinanza, quale lo Ius Soli, si fanno barricate di ogni tipo, ritenendola “pericolosa per il consenso”, pensare ad una classe politica coraggiosa e capace a tal punto da approvare una legge sul fine vita, mi getta nello sconforto.
    Se fossi il leader della maggioranza di Governo, spenderei tutto il mio capitale politico per permettere questo passo di civiltà enorme.
    Non sarei rieletto? Pazienza. Mi chiedo che senso abbia stare in Parlamento senza coraggio.
    Ma, anche qui, a sbagliare sono io.


  • Catalogna. Una chiave di lettura costituzionale.

    Catalogna. Una chiave di lettura costituzionale.

    Il referendum indipendentista della Catalogna è su tutti i quotidiani europei e non solo. Oltre all’alto valore storico e politico che questa tendenza indipendentista della regione spagnola ha, il tutto viene accentuato dagli scontri in atto in queste ore, su tutto il territorio catalano.

    La Guardia Civil ha avviato, su ordine del Governo centrale, il piano di sgombero dei seggi elettorali adibiti proprio per questo referendum che, costituzionalmente, non è consentito in Spagna. Cominciamo a spiegarlo nel dettaglio, partendo da alcune coordinate costituzionali.

    La Costituzione spagnola – entrata in vigore nel 1978, a seguito della c.d. transicíon dal regime franchista all’attuale monarchia parlamentare – all’art.2, esplicita l’indissolubilità dello Nazione spagnola:

    La Costituzione si basa sulla indissolubile unità della Nazione spagnola, patria comune e indivisibile di tutti gli spagnoli, e riconosce e garantisce il diritto alla autonomia delle nazionalità e regioni che la compongono e la solidarietà fra tutte le medesime.

    Un’unica Nazione nella quale sono riconosciute, tuttavia, sistemi di autonomia politica, attraverso un processo ben incardinato, con procedure costituzionalmente previste e di garanzia per la stessa tenuta democratica ed unitaria della Spagna – qualora venga presentata la volontà di ottenere l’autonomia di una determinata regione/territorio, il Governo convoca tutti i deputati e senatori di quel territorio, consentendo loro di partecipare alla stesura dello Statuto che andrà a regolamentare i poteri attribuiti da quella che possiamo chiamare una devolution. Ma torniamo alle coordinate costituzionali.

    Il Titolo VIII Capo III della stessa Costituzione sviscera i diversi principi costituzionali sulle quali basare le attività e la stessa definizione giuridica e politica delle autonomie.

    L’art.143 comma 1, per l’appunto, specifica che

    Nell’esercizio del diritto alla autonomia riconosciuto nell’articolo 2 della Costituzione, le province limitrofe dotate di comuni caratteristiche storiche, culturali ed economiche, i territori insulari e le province costituenti entità regionali storiche, potranno accedere all’autogoverno e costituirsi in Comunità Autonome in base a quanto previsto in questo Titolo e nei rispettivi Statuti.

    La Carta fondamentale, nell’aprire ai processi di autonomia delle Comunità pone delle condizioni che renda realmente fondato tale processo: comuni caratteristiche storiche, culturali ed economiche, oltre che profonde radici storiche di già esistenti entità regionali come, per l’appunto, la Catalogna – che vide la luce sin dal XII Secolo, se pur in forme diverse da quelle che conosciamo oggi, è una di queste, ad esempio.

    Ora, possiamo dire che le Comunità Autonome sono più che riconosciute e garantite in Spagna, sin dall’entrata in vigore dell’attuale Costituzione (l’attuale Statuto catalano è datato 1979, pochi mesi dopo l’entrata in vigore della Costituzione).

    La Corte costituzionale spagnola, già dallo scorso 14 febbraio, aveva ben spiegato che il referendum indetto dal Governo catalano avesse lo stesso valore giuridico del pezzo di giornale con il quale si incarta il pesce alla Boqueria: la Costituzione non prevedendo il Referendum a riguardo, non poteva essere indetto. Punto.
    Ma il il Presidente Puigdemont dichiarò, in risposta, che la Costituzione dovesse passare in secondo piano rispetto alla “nuova legalità catalana”, parole pericolose e sovversive. (Quanti Puigdemont ci sono in Europa? Tanti. In Italia, ad esempio, sono tutti coloro che vorrebbero indire un referendum sull’Euro o sulle leggi di bilancio o, addirittura, chiedere l’indipendenza di alcuni territori, dimenticandosi dell’art.75 Cost., ndr.)

    Un governo di una Comunità Autonoma, rispettoso del sistema costituzionale del suo Paese, avrebbe fermato tali moti e spento gli animi indipendentisti, anziché fomentarli. La Catalogna se si trova in questo stato è, anche, a seguito delle elezioni del 2015, dove i partiti indipendentisti ottennero la maggioranza dell’Assemblea.

    Torniamo alla questione di fondo. Il Governo centrale ricorre alla Corte costituzionale che dichiara l’incostituzionalità di questa consultazione che, invece, in modo prepotente, gli indipendentisti catalani organizzano per il 1 ottobre, cioè oggi.

    Per la salvaguardia dell’indissolubilità della Nazione (art.2) e dei principi regolatori delle Autonomie (art.143 e ss.) il Governo forte del sostegno che la stessa Costituzione gli offre, all’art.155 che, al comma 1, recita:

    Ove la Comunità Autonoma non ottemperi agli obblighi imposti dalla Costituzione o dalle altre leggi, o si comporti in modo da attentare gravemente agli interessi generali della Spagna, il Governo, previa richiesta al Presidente della Comunità Autonoma e, ove questa sia disattesa con l’approvazione della maggioranza assoluta del Senato, potrà prendere le misure necessarie per obbligarla all’adempimento forzato di tali obblighi o per la protezione di detti interessi.

    e ancora, al comma 2:

    Il Governo potrà dare istruzioni a tutte le Autorità delle Comunità Autonome per l’esecuzione delle misure previste nel comma precedente.

    Ed ecco quindi l’origine dei disordini di oggi. L’ordinamento costituzionale non è stato rispettato dall’esecutivo guidato da Puigdemont e, di risposta, il Governo Rajoy ha deciso di prendere le “misure necessarie” per obbligare la Catalogna “all’adempimento forzato” degli obblighi imposti dalla Costituzione e per la tutela degli interessi dell’intera Nazione spagnola.

    Su cosa si debba intendere per “misure necessarie” è oggetto di dibattito tra diversi costituzionalisti spagnoli e non solo. Di fatto, in molti sostengono che tra queste misure sia annoverato l’uso della forza, attraverso l’intervento della Guardia Civil; altri ritengono che le misure debbano rimanere all’interno degli strumenti legislativi e, quindi, misure di tipo istituzionale piuttosto che coercitivi. Facciamo degli esempi.

    Il Governo centrale potrebbe, in via interpretativa, procedere ad una graduale diminuzione dei poteri dei componenti dell’Esecutivo della Comunità Autonoma; procedere alla sostituzione dei ministri e dell’intero Consiglio di Governo.

    In linea con i principi costituzionali, la figura che potrebbe sostituire il Presidente e l’intero Esecutivo è quella del Rappresentante del Governo nella Comunità Autonoma, individuato dall’art.154 della stessa Costituzione spagnola.

    Diverse, quindi, le chiavi di lettura sul caso, eppure la più corretta rimane una soltanto: il referendum indipendentista, in Catalogna, è frutto di una esasperazione politica accentuata dalla crisi economica che fa soffrire un territorio molto ricco, rispetto ad altri territori spagnoli e non solo.

    La Catalogna rappresenta il 20% del PIL e oltre il 25% dell’export della Spagna, risultando, inoltre, la 13ª “economia” dell’Unione europea.

    Dico, in chiusura, a chi vuole provare a commentare quanto sta accadendo, che il diritto di voto non sempre corrisponde al principio primordiale della Democrazia, perché il voto può togliere diritti e distruggere popoli, oltreché quanto comunemente associamo a tale strumento di scelta, per l’appunto, democratica. Quindi tale diritto non viene prima dei principi costituzionali, poiché se così fosse, allora le Costituzioni non avrebbero senso nell’esistere e ognuno potrebbe svegliarsi, un bel giorno, e decidere che il territorio su cui giace il proprio condominio debba diventare una Repubblica autonoma.


  • La digitalizzazione ci esploderà in faccia

    La digitalizzazione ci esploderà in faccia

    Mi trovo a studiare e fare ricerca su sistemi tecnologici ed informatici presenti sul mercato tra 10/15 anni.
    Viviamo nell’era della digitalizzazione e pensare che possano esserci enti ed istituzioni che considerino l’inoltro di documenti/domande online solo uno spauracchio, poiché necessitano, parallelamente, di documentazione cartacea da inviare al proprio ufficio protocollo, mi lascia perplesso.

    Una delle ragioni dell’arrancamento del nostro Paese è quella di essere indietro di 10 anni su questi aspetti. Dovremmo darci una mossa, tutti.
    Da chi ama la carta, a chi si lamenta della differeniata “porta a porta” e delle colonnine per la ricarica di auto elettriche installate su strade pubbliche.

    O lo capiamo subito, oppure saremo destinati a soccombere appena ci scoppierà in mano l’IoT e non sapremo manco in che direzione andare.